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Attualità

Spot volgari, le donne non ci stanno

Marcegaglia, Camusso, Bonino e Bindi unite contro la volgarità e lo sfruttamento del corpo femminile in pubblicità. La denuncia anche attraverso il video documentario “La reclame”

Le donne non ne possono più. La volgarità e lo sfruttamento del corpo femminile negli spot, sui manifesti e in televisione hanno raggiunto livelli inaccettabili. Ormai sembra che le agenzie pubblicitarie abbiano perso la loro creatività e per attirare l’attenzione dei possibili acquirenti utilizzino un solo strumento, e neppure troppo originale, il corpo delle donne. Ma la rappresentazione non ha nulla di artistico, è un semplice sfruttamento degradante dell’immagine delle donne.In questo scenario si inserisce “Questione femminile, questione Italia”, l’evento che il prossimo 19 gennaio vedrà protagonista una serie di donne, molto diverse tra di loro, ma unite nella lotta alla volgarità e all’utilizzo distorto dell’immagine femminile. Promosso da Pari o Dispare, l’associazione contro le discriminazioni di genere, avrà un parterre femminile trasversale che unirà donne come Emma Marcegaglia, Susanna Camusso, Emma Bonino, Anna Finocchiaro e Rosy Bindi. Donne diverse e a volte distanti,che insieme dicono basta alle pubblicità volgari che sfruttano il corpo femminile mostrando messaggi sessuali, ammiccanti e volgari. Durante l’evento anche la presentazione del “Manifesto per un utilizzo responsabile dell’immagine femminile” e di un progetto molto interessante “La reclame”. Un trailer, una sorta di web series che, partendo dalle pubblicità “che colpiscono l’immaginario collettivo attraverso l’uso inappropriato del corpo femminile”, le destruttura per “illustrare in modo ironico, con un commento di voce fuoricampo, i meccanismi che sottendono all’utilizzo inadatto a volte grottesco della figura della donna”. Tra le pubblicità prese di mira dal progetto ideato dalla casa di produzione Non chiederci la parola anche il famoso calendario del pube di Oliviero Toscani. Un modo per trasformare immagini e video che offendono le donne in un’opera d’arte di denuncia.