La Biennale dell’inclusione: ‘Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere’

Ha aperto la sessantesima edizione di uno degli eventi artistici più importanti del Paese porta in Laguna bellezza e diversità

Biennale-Arte-Venezia-2024Photo by Stefano Mazzola/Getty Images

Attesa, attesissima da tempo, ha aperto il 20 di questo mese a Venezia la sessantesima edizione della Biennale d’arte, curata dal brasiliano Adriano Pedrosa che ai Giardini e all’Arsenale porterà il suo progetto Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, un titolo, dice, che parla di noi: «Ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono, siamo dappertutto. A prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre stranieri». Pedrosa porta in Laguna bellezza e diversità: «Ci saranno artisti queer, outsider, folk, indigeni», commenta.

Gerard-Sekoto

Selwyn Wilson (Taumarere, Nuova Zelanda, 1927-2002), Study of a Head, 1948 (© Photo courtesy of Auckland Art Gallery Toi o Tāmaki)

Dentro la Biennale di Venezia 2024

L’impatto è evidente fin dall’ingresso: il collettivo brasiliano Mahku, ad esempio, ha realizzato un murale proprio sulla facciata del Padiglione Centrale. In mostra, qui e nell’Arsenale, un nucleo storico di opere di artisti provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo, suddivisi in tre sezioni, una dedicata ai ritratti, un’altra all’astrazione e una alla cosiddetta “diaspora degli italiani”, che ebbero un ruolo fondamentale nel portare il gusto modernista fuori dall’Europa. Impariamo così a ripercorrere la storia dell’arte da un punto di vista non più eurocentrico: Pedrosa riesce a mettere in mostra a Venezia centinaia di nomi che fino a oggi erano rimasti ai margini (anche del mercato).
Accanto alle opere del secolo scorso, sono posti i lavori di tanti talenti contemporanei “stranieri nel mondo dell’arte”: parliamo di artisti nativi americani, Maori o appartenenti a minoranze etniche o di orientamento queer (Pedrosa stesso si è definito il primo direttore queer della Biennale). Il risultato finale è una ventata di freschezza, novità e inclusione di cui si sentiva davvero il bisogno.

I padiglioni

Accanto al suo grande progetto espositivo, in Biennale non mancano i padiglioni nazionali: in questa edizione sono addirittura 90 tra cui, per la prima volta, Etiopia, Tanzania, Benin e Timor Leste (ex Timor Est), con il grande ritorno del Padiglione della Santa Sede, che proporrà un progetto nel carcere femminile della Giudecca, mentre il Padiglione Italia, alle Tese delle Vergini in Arsenale (1.200 mq di spazio), vedrà la cura di Luca Cerizza e le creazioni artistiche di Massimo Bartolini ispirate al tema dell’ascolto.

Durante il periodo della Biennale, quindi da questo mese fino al 24 novembre, la Serenissima sarà punteggiata di una miriade di eventi collaterali (installazioni, mostre, concerti, progetti espositivi: ne abbiamo contanti 30) per uno degli appuntamenti irrinunciabili per tutti coloro che amano l’arte contemporanea.

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Louis Fratino (Maryland, Stati Uniti, 1993), Metropolitan, 2019 (Courtesy of Sikkema Jenkins & Co., New York)

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