Le parole sono importanti. Anche gli acronimi. Soprattutto quando creano confusione ai potenziali investitori. L’ultimo arrivato ad arricchire il panorama di sigle in uso nel mondo della finanza è Esg, già in uso da anni, ma che nell’era del riarmo europeo è stato declinato in Energy (energia), Security (sicurezza) e Geostrategy (geostrategia).
A suggerire la nuova interpretazione è stato il numero uno del colosso che gestisce le principali Borse del Vecchio Continente. Lo si è letto in un comunicato ufficiale i primi di maggio, in cui sono state annunciate una serie di misure per incoraggiare gli investimenti nell’industria della difesa europea, anche aiutando le aziende a quotarsi in Borsa e a lanciare più rapidamente nuove obbligazioni. Fin qua non ci sarebbe nulla di strano, visto che la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen lo scorso marzo ha presentato un piano di riarmo da 800 miliardi di euro per rafforzare la sicurezza dell’Unione.
Il problema, infatti, non sta tanto nella strategia delle Borse per veicolare maggiori capitali verso i produttori di armi, ma nella comunicazione di questa strategia utilizzando un acronimo che è sempre significato Environment (ambiente), Social (sociale) e Governance (governo). Si è voluto dire, ad alta voce, che se c’è bisogno di un sostegno finanziario alla chiamata alle armi, le Borse europee possono far di certo la loro parte.
L’adozione dello stesso acronimo impiegato negli scorsi anni per gli investimenti sostenibili è quindi quell’ossimoro necessario per rimarcare la piena sintonia d’intenti tra il mondo della finanza e la Commissione europea nell’attuale contesto globale. Chi gestisce le Borse europee, insomma, vuol far capire di aver colto il cambio di registro di Bruxelles, le cui priorità in agenda sono appunto quelle dettate dalla geopolitica e dalla corsa all’energia, in un mondo dove le istituzioni internazionali sembrano piegarsi alla bruta legge del più forte, imposta dal machismo ideologico imperante.
Gli investimenti per ridurre l’inquinamento, per dirne una, se ieri erano in cima oggi vengono dopo. La nuova interpretazione di Esg per ora resta ai piani alti. Scendendo ai piani inferiori bisognerà però ricordarsi che la comunicazione richiederà una maggiore trasparenza (e, forse, meno fantasia letteraria). Il rischio è che i risparmiatori non ci capiscano più nulla, non sapendo se con uno strumento etichettato “Esg” stiano investendo in un’azienda che produce pale eoliche o in una che produce cannoni.
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