Etesian: evoluzione continua

Solo grazie a questa filosofia le imprese possono rimanere sulla cresta dell’onda. Il punto di vista di Algise Vigilante, a.d. della società che in pochi anni è passata da consulente per i property manager a fornitore diretto di servizi di gestione per i proprietari di immobili. Un salto che l’ha portata dal milione di fatturato del 2021 a una previsione di oltre 12 per il 2024

Alvise-Vigilante-EtesianAlla guida di Etesian dal 2021, Alvise Vigilante ha iniziato la sua carriera in PwC, per poi lavorare sei anni in Pirelli Real Estate. In seguito, ha maturato esperienze nell’ambito del facility management in Manutencoop e come Ceo di Reekep Digital e Yougenio

Nata a Firenze nel 2013 come società di consulenza nel mondo immobiliare e degli affitti brevi, Etesian si è rapidamente affermata nell’élite del vacation rental, fondendo la gestione immobiliare con la prospettiva digitale e divenendo un fornitore diretto di servizi per i proprietari. Dal 2021 i suoi soci (Michele Krzanowski, Filippo Naldoni, Vieri Orzalesi e Alvise Vigilante) hanno messo a punto un piano di crescita che ha permesso di passare da uno a 4,2 milioni di fatturato in un solo anno, divenuti 7,4 nel 2023. E nel 2024 la prospettiva è quella di superare i 12 milioni, grazie anche alla recente espansione su Milano con l’acquisizione della quota di maggioranza di Brera Management, società che gestisce il network Brera Apartments: realtà presente nel capoluogo lombardo dal 2009, conta più di 70 appartamenti gestiti con un posizionamento alto spendente e tutti nel centro città. Proprio in concomitanza con la notizia dell’acquisizione, abbiamo incontrato l’a.d., Alvise Vigilante.

Può spiegare in modo semplice cosa fa Etesian?
Siamo una società di property management: lochiamo sul mercato degli affitti brevi appartamenti di aziende o privati che prendiamo in gestione con due diverse modalità. O rent to rent – cioè garantiamo al proprietario un affitto mensile fisso e poi noi guadagniamo da quanto riusciamo a ottenere, in più, ricollocando l’immobile sul mercato – o il revenue sharing, ossia prendiamo in gestione l’appartamento e tratteniamo una percentuale su quanto incassiamo tramite il venduto ai vari guest. Benché questa seconda opzione sia quella che garantisce una marginalità più bassa, in genere è quella preferita dai competitor, perché meno rischiosa, visto che non impone il pagamento di una quota fissa al proprietario. Noi, invece, convinti delle nostre capacità, abbiamo deciso di procedere in entrambe le modalità, il che ci dà la possibilità di rispondere alle diverse esigenze dei clienti. Dopodiché devo dire che la definizione di property manager mi convince fino a un certo punto, perché la nostra attività prevede una forte componente di facility management.

In che senso?
Nel senso che noi gestiamo immobili e questo implica gestirne la manutenzione, le utenze energetiche e anche il cleaning, ossia gli aspetti principali di cui, appunto, si occupa un facility manager per i suoi clienti. Direi che a differenziarci è proprio il fatto di saper seguire bene questi aspetti. Perché in tanti sono bravi a vendere gli appartamenti e gestire la parte di revenue management, mentre è più complicato sovrintendere i compiti propri di un facility manager. Per esempio, un aspetto spesso problematico è quello delle pulizie, per questo abbiamo deciso di internalizzare questo servizio, così come molti altri che nel nostro settore tendono a essere esternalizzati. Questo tipo di scelte hanno reso Etesian una società redditizia (il 2023 si è chiuso con una marginalità sull’ebitda prossima al 20%), in grado di portare a termine due operazioni di acquisizione: quella di Brera Management a Milano e quella, più piccola ma altrettanto interessante, di Florence Experience Group a Firenze.

Alvise-Vigilante-Etesian

Uno scatto di uno degli appartamenti Etesian a Firenze

Come avete individuato Brera Management e come siete arrivati all’acquisizione?
Innanzitutto, ci tengo a sottolineare che noi abbiamo rilevato una quota di maggioranza, ma che il fondatore Paolo Catoni rimane nella compagine societaria con un 20%. Per noi è importante, perché la sua presenza ci consentirà di mantenere le relazioni con gli attuali clienti e ci aiuterà a svilupparci ulteriormente su Milano, città che abbiamo individuato come primo target nella nostra espansione nazionale sia per il suo appeal sul mercato sia per questioni logistiche. La scelta è caduta su Brera Mangement perché aveva due caratteristiche per noi fondamentali: è una società con un’organizzazione stabile e vanta un set di appartamenti simile a quello che già abbiamo a Firenze, ossia di alto profilo e localizzati nel centro città.

Avete già nuovi progetti per il futuro?
Certamente, il nostro piano strategico arriva al 2028 e per allora abbiamo l’obiettivo di raggiungere i 750- 800 appartamenti in gestione, dai 280 di oggi. Le due recenti acquisizioni ci hanno mostrato come l’M&A sia la strada giusta per una crescita molto più rapida di quella che potremmo ottenere per linee interne, per questo già dalla metà dell’anno avvieremo un’attività di ricerca di nuove società. Anche perché abbiamo ormai messo a punto un modello che funziona e riteniamo scalabile, e la squadra è ben formata e coesa. A medio termine, quindi entro il 2028, stiamo anche ragionando sulla possibilità di espanderci in altre città, ma al momento non abbiamo ancora definito nulla.

Quali potrebbero essere queste città?
È difficile dirlo. Consideri che al momento quattro città – Firenze, Milano, Venezia e Roma – da sole coprono il 75% del mercato degli affitti brevi. Se su Firenze e Milano siamo già presenti, Venezia e Roma presentano entrambe difficoltà di tipo logistico di cui dobbiamo tenere conto. Ci sono poi altre città di medio-piccole dimensioni che possono presentare un fattore d’interesse perché stanno crescendo molto, come Bologna o Verona, ma è ancora presto per fare previsioni.

Lei ha fatto il suo ingresso in azienda nel 2021 ed è proprio allora che avete definito il piano di sviluppo: una scelta coraggiosa visto che era ancora in corso una pandemia…
Era questione di sopravvivenza. Le aziende che non crescono e non innovano non hanno un futuro. Chi “sta fermo” potrà avere successo per qualche anno, ma non a lungo termine. Perciò lo definirei un coraggio calcolato, anche perché eravamo abbastanza tranquilli di poter portare avanti la nostra strategia, grazie alle competenze imprenditoriali e manageriali che abbiamo “in casa”.

Cosa risponde alle critiche rivolte al mercato degli affitti brevi?
Il settore, in questo momento, è sotto attacco, soprattutto da parte del mondo politico. La prima ragione è che ci stiamo scontrando con le associazioni degli albergatori, molto più forti di noi, anche se ormai il mercato degli affitti brevi in Italia muove volumi superiori ai 10 miliardi di euro. È innegabile che gli hotel della categoria 2-3 stelle stiano vivendo enormi difficoltà, ma la verità è che non possono pensare di scaricare su di noi le loro inefficienze. Come dicevo prima, in qualunque settore, un’azienda che non evolve non potrà continuare a stare in piedi. Se il mercato va in una direzione, fare le barricate non serve. È una lezione che dovremmo avere imparato dal crollo di un colosso come Blockbuster. Detto questo, non sono affatto contrario alla regolamentazione, l’importante è che sia un intervento ispirato al buon senso. Assurdo è invece colpire i privati che hanno magari investito in modo importante sui propri immobili – peraltro contribuendo al buon mantenimento dei centri città – impedendogli di metterli a reddito nel modo migliore. Perché non solo lo short rent garantisce una marginalità più alta del classico contratto di affitto 4+4, ma mette anche al riparo dai rischi di morosità e garantisce una migliore manutenzione dell’immobile stesso. Attribuire agli affitti brevi la responsabilità dell’overtourism nelle città non ha senso.

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