Antonio Belloni: la nuova carriera dell’ex braccio destro di Arnault (Lvmh)

Dopo 23 anni di formazione, 23 in Procter & Gamble e altrettanti nel gruppo francese, è tempo di una nuova sfida professionale per il top manager italiano. “Ma la parola pensione non è scritta da nessuna parte”.

Antonio-BelloniPhoto by Chesnot/Getty Images

Si considera un “Chief Energy Officer” Antonio Belloni detto Toni, braccio destro del patron di Lvmh, Bernard Arnault. A fine marzo il gruppo da 210 mila dipendenti ha annunciato l‘uscita del manager italiano dal consiglio di amministrazione e dal suo incarico di direttore generale per potersi occupare di strategie e diventare presidente della filiale italiana.

Il bilancio di Antonio Belloni in Lvmh

“La mia vita va a cicli di 23 anni: dopo 23 anni di formazione, ho lavorato per 23 anni alla Procter Gamble. Nel 2001 sono entrato in Lvmh, dove ho lavorato per altri 23 anni durante i quali abbiamo fatto cose formidabili. Uscire adesso è un bene sia per me sia per l’azienda che ha bisogno di occhi nuovi, di un team più giovane che accompagni anche la successione futura del signor Arnault. È un passaggio che abbiamo preparato assieme da tempo”, ha raccontato Belloni in un’intervista a Corriere Economia. “Ma la parola pensione non è scritta da nessuna parte, continuerò certamente a lavorare. Oltre a collaborare con Lvmh, avrò più tempo per gli altri, a cominciare dalla mia famiglia. Resterò membro del Consiglio di Barilla (dove sono da nove anni), ho qualche attività imprenditoriale personale e poi vedremo”.

Tra le attività imprenditoriali di Belloni ci sono un cantiere di refit nautico a Pisa, una partecipazione nel brand australiano Deus Ex Machina, dedicato a motociclette e surf, dei centri di Padel avviati con il figlio Francesco e investimenti in società imprenditoriali italiane.

Nel corso dell’intervista Antonio Belloni ha sottolinea anche il ruolo centrale dell’Italia per il Gruppo Lvmh: “Abbiamo sei marchi italiani di cui siamo molto fieri, più di 15 mila persone, quasi 50 siti produttivi diretti, senza parlare dell’indotto di oltre 5 mila aziende che collaborano con noi, all’interno di quel magnifico ecosistema che sono le filiere italiane di manifattura di alta qualità. Sono aziende medie e piccole, spesso a conduzione famigliare, che contribuiscono con know how unico, idee, innovazione e la magica ‘mano italiana’. Il rafforzamento di queste filiere è strategico per l’industria e anche per il Paese. Noi facciamo la nostra parte investendo più di 150 milioni ogni anno e creando posti di lavoro a migliaia per soddisfare la domanda dei mercati mondiali”.

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