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Lavoro

Pagati per tirare la cinghia

Stipendio più alto e un extra in busta paga per chi è più bravo a risparmiare. In tempo di crisi è divenuta una prassi consolidata. Ecco come cambiando i ruoli del direttore acquisti e dei responsabili marketing e vendite nell’era della spending review

Sarà un paradosso, ma in tempi di crisi succede anche questo: in azienda i più bravi a risparmiare vengono premiati con stipendi migliori oltre che con un extra in busta paga. A conti fatti l’azienda ci guadagna sempre: il trade off fra il bonus al dirigente e il risparmio ottenuto è sempre favorevole all’impresa. Ma di quanto stiamo parlando? Facciamo l’ipotesi migliore: su uno stipendio che può raggiungere, nel caso di un dirigente senior, anche 200 mila euro l’anno con un variabile del 30% (vedi il box per altri esempi), il premio legato agli obiettivi di risparmio di norma vale un terzo. Tradotto: 18 mila euro in più in busta paga, ma solo se riesce a tagliare gli sprechi. «Paradossalmente la crisi ha tagliato anche il valore assoluto di questi premi che però restano uguali in rapporto ad un fisso anche lui al palo da diversi anni», dice Paolo Iacci, vicepresidente nazionale dell’Associazione italiana direttori del personale (Aidp). Il meccanismo di attribuzione del bonus-risparmio è speculare a quello tradizionale. «Così come si è sempre calcolato il variabile sugli obiettivi col segno più, per esempio sull’aumento del fatturato e delle vendite», continua Iacci, «oggi sempre più spesso il variabile è legato a obiettivi col segno meno: ottimizzazione dei costi e del personale». E quando si tratta di stanare sprechi e spese superflue, la prospettiva di averne un beneficio personale a fine anno è uno stimolo non da poco. Non è un lavoro facile però. «Secondo un’indagine condotta dall’Institute for supply management nel 2011, il 92% degli imprenditori non sa calcolare in modo attendibile i propri costi di produzione, il 94% non riesce a determinare correttamente il break- even point dei prodotti e il 97% non ha idea dell’incidenza dei costi sul prezzo di vendita. In siffatto scenario», spiega Giovanni Atti, direttore di Adaci Formanagement, «la conoscenza dei fondamentali dell’economia da parte del compratore diventa ancora più necessaria per tenere sotto controllo gli indici gestionali dei fornitori primari e partner e per valutare in modo analitico le quotazioni che gli stessi ci sottopongono». Si tratta insomma di far luce su larghe zone d’ombra che rischierebbero di affossare il business.

UN PESANTE FARDELLOChi ci deve pensare? Un manager in particolare: il direttore acquisti. «Il suo budget», continua Atti, «vale dal 35 fino a punte del 70% dell’intero fatturato. Non c’è da stupirsi se oggi, sempre più spesso, il capo dei buyer si deve comportare come un imprenditore e diventare il vero regista della sua direzione, lavorando con metodo sistematico e analitico per contenere i costi e ottimizzare il processo». Quando ci riesce, il premio è meritato. E i più bravi non se lo fanno certo sfuggire.«Il ruolo del responsabile acquisti è diventato così strategico», conferma l’headhunter Francesco Tamagni, Managing Director di Intermedia Selection, «al punto che quasi tutte le voci di spesa, e non solo quelle legate ai costi diretti delle materie prime, hanno bisogno della sua firma: auto aziendali, bollette del telefono e formazione compresi. Ma soltanto i migliori hanno l’apertura mentale necessaria per capire che non è una mera logica di pricing: bisogna riuscire a fare meglio con meno, guai se il risparmio va a scapito della qualità». Ecco allora che fra le skill più apprezzate c’è la capacità di fare scouting intelligente. Che significa? «Oggi un’azienda non negozia solo il prezzo con i suoi fornitori», interviene Carlo Caporale, Senior Director di Wyser Italia, il brand di middle search and selection di Gi Group, «ma è alla ricerca di veri e propri partner con i quali condividere il rischio di impresa. Per questo lo scouting è diventato una pratica molto complessa e quelli bravi a condurre a termine la trattativa sono pagati meglio. Lo stipendio? È fermo da qualche anno, ma fanno eccezione alcuni profili, per esempio i buyer nel campo della moda e dei beni di lusso o gli e-commerce manager, che registrano trend retributivi da mercato sostenuto».

QUANTO GUADAGNA CHI FA RISPARMIARE?

Ma quanto dovrebbe guadagnare in più chi riesce a far risparmiare soldi veri all’azienda? Come sempre, dipende da vari fattori. Prima di tutto la seniority del manager, le dimensioni della ditta, il livello di internazionalizzazione e il settore merceologico di riferimento. In alcune organizzazioni il responsabile acquisti o marketing è un quadro, prende 50 mila euro l’anno e un variabile che oscilla dal 5 a 15 mila, di cui un terzo legato agli indicatori di costo. A fine carriera un direttore acquisti arriva facilmente a 150 mila, qualcosa in più il direttore commerciale, che in media rispetto al collega ha retribuzioni più alte del 20-30%. In questo caso il peso del variabile sarà salito a 30-40 mila euro l’anno, di cui 10-15 mila legato ai tagli degli sprechi. Ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato.

TRASFORMAZIONE A TUTTI I LIVELLISe l’ufficio acquisti è indubbiamente l’ombelico delle economie aziendali, altre funzioni sono comunque coinvolte nel taglio dei costi e premiate per farlo. Come il direttore finanziario, che ha un ruolo vitale nel controllo di gestione e un’ampia visibilità su tutte le possibili aree di intervento. È lui l’uomo che tira le righe, porta i conti ad azionisti e Ceo e sa bene dove bisogna tagliare. «La figura del Cfo si è profondamente evoluta assumendo un ruolo strategico e trasversale in azienda, con un coinvolgimento sempre più forte in attività quali la pianificazione strategica e il business development», racconta Matteo Colombo, Country Manager di Robert Half, «ed ecco che, oltre alle elevate competenze tecnico-analitiche, in questo momento di mercato diventa cruciale anche una profonda conoscenza delle dinamiche commerciali. Il Cfo è dunque chiamato a razionalizzare gli asset aziendali, come ad esempio l’accentramento di alcune funzioni o il disinvestimento di attività non core. E la capacità di raggiungere questi target ha un impatto diretto e significativo sulla componente variabile del suo pacchetto retributivo». Poi c’è il direttore commerciale, chiamato a fare le stesse cose di sempre con un budget dimezzato dalla crisi. «Il management mette sempre più sotto pressione Cmo e Marketing Manager per giustificare il contributo ai risultati aziendali e mai come oggi i marketer devono provarela propria efficienza e le proprie performance con risorse tuttavia limitate», commenta Maurizio Alberti, Managing Director di Teradata eCircle.

E LE AZIENDE SI ADEGUANOIn ogni caso, il premio al risparmio è una prassi consolidata e funziona, almeno sui manuali di management. Ma in pratica? Lo abbiamo chiesto ad alcuni imprenditori. E le risposte lo confermano: dove prima si premiavano soprattutto i guadagni oggi si valorizzano (anche) i savings. «Negli ultimi dodici mesi», spiega a Business People Simone Mariani, Ceo di Sabelli Spa, storica realtà del settore lattiero caseario italiano, «abbiamo valorizzato maggiormente i collaboratori capaci di apportare risparmi e ottimizzazioni di costi anche nell’area delle vendite, che tipicamente si caratterizza per obiettivi di sviluppo fatturati». Non è un caso isolato. Al contrario. «Abbiamo rivisto completamente il nostro sistema di incentivazione interno», racconta Marco Oriolo, amministratore delegato Tuvia (trasporti e logistica internazionali), 60 milioni di fatturato e 28 sedi nel mondo, «lavorando sia sulla parte di retribuzione variabile dei manager sia sui fringe benefits per tutta la struttura. L’obiettivo è stato quello di ancorare sempre di più i premi al raggiungimento di obiettivi strategici che riguardassero anche la riduzione e l’ottimizzazione delle spese, specie quelle generali, non strettamente collegate al nostro core business, e in questo sforzo sono state coinvolte tutte le figure manageriali e i reparti operativi».Lo strumento principe per erogare il bonus resta sempre l’Mbo, la direzione per obiettivi, ma esistono anche altre strade, meno formali, per premiare le formiche in azienda. «Abbiamo oltre cento vetture aziendali, un costo notevole che il direttore vendite è riuscito a tagliare del 10% lasciando invariata la qualità del benefit. Il suo premio? Era stato, a suo tempo, l’aver ottenuto il benefit dell’autoveicolo», racconta con soddisfazione Maria Chiara Franceschetti, direttore risorse umane di Gefran (sistemi e componenti per l’automazione e il controllo dei processi industriali), gruppo da 131 milioni di fatturato quotato a Piazza Affari. «Anche il team delle assistenti delle diverse funzioni ha fra gli obiettivi a breve termine il taglio dei costi, sui viaggi le trasferte per esempio. Un atteggiamento di rigorosa spending review imposta dalla crisi», continua, «ma che col tempo è diventato una prassi comportamentale virtuosa e, in un certo senso, anche più etica».

LA CRISI HA INFLUITO ANCHE SUI NUMERI UNO

Le incertezze economiche e politiche degli ultimi anni hanno avuto un notevole effetto anche sulle qualità che vengono richieste ai manager. Secondo uno studio condotto da Korn/Ferry International, infatti, le caratteristiche di leadership necessarie per gestire le imprese sono cambiate significativamente rispetto al periodo pre-crisi: il nuovo capo, capace di riavviare e sostenere la crescita, è più visionario, flessibile ed adattabile ai rapidi cambiamenti, più coraggioso e strategico rispetto a quanto già non fosse. Ed emerge anche una nuova skill: la gestione dell’ambiguità, ovvero l’abilità di riuscire ad amministrare l’incognito, salita al primo posto nella classifica. Eccola:

Classifica

Prima della crisi finanziaria (2007-08)

1 Focus sul cliente

2 Agire per risultati

3 Motivare gli altri

Dopo la crisi finanziaria (2012)

1 Gestire l’ambiguità

2 Focus sul cliente

3 Gestione della vision e dell’obiettivo