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Attualità

La tecnologia che aiuta a crescere

Tra smartphone, tablet e social network come possono essere istruiti i nostri figli? I nuovi dispositivi e le offerte didattiche multimediali offrono opportunità mai viste prima, ma meglio fare attenzione a come viene somministrato il tutto: il rischio dei reclusi da Hi Tech è dietro l’angolo

Agostini? Presente! Antinozzi, Batani, Benelli… Biiiip! A settembre è ricominciata la scuola ed è sparito il registro, bandito per decreto dall’ex governo Monti e sostituito da un computer nuovo fiammante. Sarà lui a tener traccia di assenze, voti e note. Tutto online. Siamo davvero entrati nella scuola in formato digitale? Per ora la situazione è a macchia di leopardo, in molte classi Internet non è arrivato e i prof continueranno a scrivere i loro giudizi a penna. Ma il futuro è questo e molto altro di più: guai a restare indietro. Come preparare i nostri figli (e prepararci noi genitori) ad affrontare la scuola che verrà?«Esattamente come si faceva una volta, restando accanto ai ragazzi quando sono al computer per guidarli nel caso sappiate come si fa o per imparare insieme a loro se siete a digiuno di Internet», spiega Frieda Brioschi, classe 1976, uno dei fondatori e primo presidente di Wikimedia Italia, oggi alla guida del centro studi Impara Digitale per la didattica innovativa e digitale. Perché la scuola sta cambiando, e il cambiamento parte proprio dalla cameretta dei nostri figli con il computer sempre acceso. Anzi, dal loro telefonino. «Una volta il cellulare era solo uno degli strumenti diabolici per copiare le versioni di latino », ricorda Antonio Piotti, docente di filosofia alle superiori e psicologo dell’adolescenza nel gruppo del professor Gustavo Pietropolli Charmet, «oggi invece smartphone e social network devono entrare in classe. Bene il registro elettronico, ma non basta: mi piacerebbe vedere i prof affacciarsi dove sono i loro alunni, su Facebook e Twitter, per conoscerli meglio ed entrare nel loro spazio. Altrimenti il rischio è l’isolamento, anche patologico, come capita a quasi 30 mila ragazzi italiani che soffrono della sindrome chiamata Hikikomori, i reclusi giapponesi. Loro sono più di un milione, in Italia appena 30 mila, meno dell’1%, non un dato allarmante, ma sintomo innegabile che il malessere si sta affacciando».

IMPARARE OVUNQUE? Come comportarsi allora? «Capire, e poi insegnare, che l’iPhone non sostituisce le relazioni sociali vere, semplicemente le anticipa e le amplifica». Perché i ragazzi prima chattano, poi però in discoteca – e a scuola – ci vanno davvero. Almeno finché non spariranno del tutto. In un futuro non troppo lontano potrebbe succedere. «Domani non esisteranno più le scuole come oggi sono concepite», vaticina Piotti, «perché si potrà insegnare e imparare ovunque». Merito delle nuove tecnologie, di computer portatili sempre più potenti ma alla portata di tutti e di Internet ovunque. Ma come si studia senza libri? Chiediamolo a chi lo sta già facendo: in Lombardia l’Istituto professionale Ikaros è stata una delle prime scuole a dare l’iPad a tutti. «È risultato chiaro, dopo due anni di esperienza, che la vera necessità affinché il tablet venga usato con tutte le sue potenzialità è l’impegno dei docenti a cambiare radicalmente la loro didattica», racconta Lucio Farè, direttore della sede Ikaros di Calcio, Bergamo, «e se da un lato l’iPad porta a una maggior qualità dell’offerta formativa, dal momento in cui rende lo studente protagonista della lezione e lo coinvolge, dall’altro ci siamo accorti che la sola presenza dell’elemento tecnologico e del suo uso non migliora l’apprendimento, la didattica e le conoscenza».

OLTRE LA NOVITÀ. Anzi, il rischio è che il tablet faccia male allo studio. «L’uso inadeguato dello strumento in un tipo di lezione che rimane tradizionalmente frontale può aumentare la distrazione e diminuire l’apprendimento », conferma il direttore della scuola. Insomma, la tecnologia, da sola, non basta a modificare le performance scolastiche degli studenti. Serve un cambiamento culturale, e deve partire dai prof. «Da un lato i docenti si scontrano con l’arroganza di ragazzi convinti di sapere tutto grazie a Google e Wikipedia», dice Andrea Granelli, uno dei pionieri della Net economy in Italia, ex numero uno di Tin. it e di TnLab, esperto di nuove tecnologie ma anche attento a denunciarne gli aspetti controversi, «mentre dall’altro gli alunni devono adeguarsi a un sistema statico, vecchio, basato sull’autorità di libri talvolta poco aggiornati». Risultato? Il progressivo impoverimento dell’insegnamento scolastico. Che fare? «Serve uno sforzo innovativo per allontanarsi dal modello del cd-rom didattico, che puntava a fornire una spolverata di multimedia e niente più. Stesso discorso per gli ebook: se sono la versione Pdf del libro di carta, dov’è il grande salto? Le reali possibilità offerte dall’hi tech in termini di narrazione e immersività sono straordinarie».

APPROFONDIMENTI

NOVE SOCIAL NETWORK DEDICATI ALLA DIDATTICA

LE SCUOLE ALTERNATIVE

UNO SGUARDO AL FUTURO

CLICCANDO S’IMPARA. Che la strada da percorrere sia ancora molta lo dimostrano la sporadicità e il sensazionalismo legati alle iniziative avviate in tal senso, non solo in Italia. Aveva fatto notizia nel 2011 l’adozione dell’iPad nella scuola secondaria di primo grado di Bollate (Mi), dove un’intera classe aveva avuto accesso non solo al tablet di Cupertino (concesso in comodato d’uso a 21 allievi), ma anche a una Lim (una lavagna con proiettore) al posto della classica tavola in pietra e a un Tv al plasma da 50” per la proiezione di lezioni su supporto video. Il sistema multimediale così disposto aveva lo scopo di ridisegnare non solo forma e contenuti della didattica, ma anche modalità di fruizione. Il progetto, coordinato a Bollate dal professor Cesare Benedetti, era inserito nel piano Scuola 2.0, a cui partecipavano 156 istituti in tutta Italia, con 12 solo in Lombardia. A settembre 2012 invece è partito a Lucca, nelle classi di prima media delle scuole Carducci, Da Vinci e Chellini, il progetto sperimentale avviato in collaborazione con l’azienda locale Gesam Gas, che ha fornito a 110 docenti e a circa 500 allievi altrettanti iPad da utilizzare in sostituzione dei tradizionali libri di testo. Alle famiglie degli studenti è stato richiesto di pagare solo le licenze per lo sfruttamento del nuovo materiale didattico digitale. I libri e il dizionario richiesti dal programma didattico sarebbero costati in tutto circa 390 euro, mentre le licenze per le opere equivalenti disponibili per tablet sono costate poco più di 240 euro per ciascuno degli allievi, che oggi hanno però anche la possibilità di connettersi a Internet tramite il wi-fi della scuola e di usufruire dei contenuti multimediali integrativi resi disponibili dalle app. Verrebbe da dire che almeno su questo fronte l’Italia non è il classico fanalino di coda dell’Unione europea: dopo un’esperienza simile condotta nella scuola elementare “De Windhoek” della cittadina olandese di Egmond-Binnen, all’inizio dell’attuale anno scolastico olandese, ad agosto, un migliaio di studenti in una decina di scuole elementari disseminate nei Paesi Bassi hanno cominciato a utilizzare l’iPad come strumento principale in classe. Oltre che per il puro apprendimento, i ragazzini potranno usare il device anche per il proprio tempo libero, e le ore trascorse sulle app educative verranno considerate alla stregua di ore di studio. Come sottolineato da Il post, portale di informazione che cita il quotidiano Spiegel, il progetto olandese si inserisce nel solco di un modello di insegnamento sviluppato dalla fondazione 04NT, acronimo di “Educazione per una Nuova Era”. Nuova era che, nonostante i dubbi degli scettici (la decisione della scuola di Blakenberge, in Belgio, di dotare obbligatoriamente e a loro spese i suoi 710 studenti di iPad ha provocato non pochi malumori tra i genitori, che in alcuni casi hanno mandato i figli in un altro istituto), pare a tutti gli effetti iniziata.

ORE 10, LEZIONE DI STARTUP PER RAGAZZI

È la versione italiana del celebre corso americano per startupper in erba fondato dal venture capitalist Tim Draper. La scuola dell’obbligo non prevede l’insegnamento dei principi di base dell’economia e dell’imprenditorialità? L’alternativa è seguire i corsi dell’associazione culturale no-profit BizWorld Italia: 15 ore di lezione durante le quale gli studenti di una classe di terza media vengono suddivisi in quattro “startup” con l’obiettivo di progettare, produrre e vendere i braccialetti dell’amicizia. I ragazzi i si danno un ruolo all’interno della propria azienda, imparano a negoziare con investitori e banche, definiscono politiche di prodotto, di prezzo e di marketing e comprendono come una buona strategia possa condurli a creare profitto e valore per tutti gli azionisti.