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Hi-Tech

Cosa ci ha insegnato Pokemon Go sulla realtà aumentata

Un anno fa raccontavamo la follia dei cacciatori di mostriciattoli in tutto il mondo: una moda sparita in brevissimo tempo

“Folla al Central Park a caccia di Pokemon Go“. “Ragazzo investito mentre cercava i Pokemon in strada”. Un anno fa raccontavamo la follia di Pokemon Go, il software per la realtà aumentata che permetteva di andare a caccia di mostriciattoli in giro per la città. Lanciato il 6 luglio 2016 dai Niantic Labs di Nintendo, il gioco ebbe un successo immediato e prometteva di riempire la tasche dell’azienda giappponese. Persino Hillary Clinton ne parlò in un discorso della sua campagna presidenziale. Ecco, Pokemon Go è finito proprio come l’ex first lady: un buco nell’acqua.

CHE COSA CI HA INSEGNATO POKEMON GO SULLA REALTA’ AUMENTATA

Come una moda, Pokemon Go è passato in tutta fretta. Quattro appassionati su cinque della prima ora si sono dimenticati di Pikachu e compagni, i 25 milioni di giocatori del primo mese erano rimasti appena 7,5 nel dicembre scorso. Sono diverse le cause di questa retromarcia dell’ennesima rivoluzione pop rivelatasi una moda passeggera: una è che Pokemon Go si gioca soprattutto in città, mentre gli utenti delle aree extraurbane perdono subito interesse a causa della scarsità di mostriciattoli. Ma soprattutto si tratta di un gioco ripetitivo, fine a se stesso, con i soldi guadagnati che si possono utilizzare solo per cacciare altri Pokemon. Poi ci sono stati molti errori di geolocalizzazione dei mostri, che ha disturbato i giocatori più appassionati.

Insomma, si tratta anche di una lezione per tutti i tecno-entusiasti: la realtà aumentata può appassionare le masse per il breve volgere di qualche settimana, ma se non sarà sostenuta da contenuti e cura della narrazione farà la fine dei Pokemon.