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Attualità

Sinodo dei vescovi: aperture a divorziati e coppie di fatto

I fedeli risposati civilmente potrebbero essere inclusi nel percorso liturgico, come ministranti straordinari, lettori e padrini. Al vaglio la possibilità di rendere gratuito il processo per l’annullamento del matrimonio. Confermato il no alle nozze gay

Sinodo, atto secondo. A ottobre i vescovi torneranno, a un anno di distanza, a riunirsi sul tema della famiglia e, in preparazione dei lavori, la segreteria del Sinodo ha pubblicato l’Instrumentum laboris, ossia il foglio di lavoro sul quale si prepareranno i 300 vescovi convocati in autunno da Papa Francesco. L’indicazione è sempre quella di dare speranza e non schiacciare le famiglie.

Tre i temi caldi: i divorziati risposati, le coppie di fatto e le unioni omosessuali. Sul primo punto, ossia i divorziati si starebbe valutando la possibilità di includerli nel percorso liturgico-pastorale, educativo e caritativo, dando per esempio loro la possibilità di leggere in Chiesa, di fare da padrino a un battesimo, di impegnarsi come catechista o come membro di consigli pastorali, di insegnare la religione o dare, come ministro straordinario, l’Eucaristia. “Si richiede da molte parti che l’attenzione e l`accompagnamento nei confronti dei divorziati risposati civilmente si orientino verso una sempre maggiore loro integrazione nella vita della comunità cristiana, tenendo conto della diversità delle situazioni di partenza”, si legge nell’Instrumentum laboris. “Fermi restando i suggerimenti di Familiaris Consortio 84, vanno ripensate le forme di esclusione attualmente praticate nel campo liturgico-pastorale, in quello educativo e in quello caritativo. Dal momento che questi fedeli non sono fuori della Chiesa, si propone di riflettere sulla opportunità di far cadere queste esclusioni. Inoltre, sempre per favorire una loro maggiore integrazione nella comunità cristiana, occorre rivolgere un’attenzione specifica ai loro figli, dato l’insostituibile ruolo educativo dei genitori, in ragione del preminente interesse del minore”.

Sul fronte invece del matrimonio, il testo invece replica quanto già ipotizzato nel primo Sinodo, ossia che qualora ci si trovi in presenza di una “convivenza irreversibile”, i fedeli divorziati risposati civilmente possono intraprendere un “itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo”. In cosa consisterà questo cammino penitenziale o di riconciliazione, il dibattito è però aperto: “Si suggerisce un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza”, si legge nel testo. “Altri per via penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un presbitero a ciò deputato. Questo processo dovrebbe condurre l’interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione”. Quel che è certa è la volontà di snellire, rendendo addirittura gratuita, la prassi giudiziaria per l’annullamento del matrimonio: “Si rileva un ampio consenso sull’opportunità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale”.

Per quanto riguarda invece le convivenze prematrimoniali e i matrimoni civili, si inviterebbe a un atteggiamento di accompagnamento delle coppie, per guidare le persone verso la scelta del matrimonio, presentata come meta da raggiungere. “La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della convivenza molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti”, spiega l’Instrumentum laboris. Infine, per quanto riguarda le coppie omosessuali, viene confermata l’impossibilità di convolare a nozze, anche se si ribadisce l’importanza di un atteggiamento di rispetto e accoglienza: “Ogni persona indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. Sarebbe auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone”.