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Lavoro

Jobs act, controlli su smartphone e tablet dei dipendenti. Insorgono i sindacati

Modificata la norma sui controlli a distanza dei dipendenti: non servirà più l’ok dei sindacati o l’autorizzazione del Ministero

Il Grande Fratello potrebbe entrare in azienda. Uno dei quattro decreti legislativi in attuazione del Jobs act, che arriveranno oggi, giovedì 18 giugno, sul tavolo delle commissioni Lavoro di Camera e Senato per un parere non vincolante, modificherebbe l’utilizzo di impianti e apparecchiature elettroniche da parte delle aziende per controllare a distanza i dipendenti.

COSA CAMBIA. A oggi la legge prevede che il datore di lavoro possa, previa espressa autorizzazione dei sindacati, utilizzare delle telecamere per controllare la correttezza del lavoratore e usare il materiale in sede giudiziaria. Con la nuova norma, invece, non solo non sarà più necessario passare per i sindacati, ma le aziende potranno avvalersi di un vero e proprio armamentario tecnologico. Non servirà più il via libera dei sindacati o l’autorizzazione del Ministero per effettuare controlli su strumenti come tablet, pc e smartphone, “strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”, mentre il decreto legislativo stabilisce che, per il controllo dei dipendenti tramite “impianti audiovisivi” come le telecamere, il datore di lavoro avrà bisogno dell’autorizzazione dei sindacati o delle Direzioni del lavoro, ossia dei distaccamenti territoriali del Ministero.

PROBLEMA DELLA PRIVACY. “Il datore di lavoro potrà usare i dati a sua disposizione anche per fini disciplinari”, aggiunge Maurizio Del Conte, giuslavorista consigliere della Presidenza del Consiglio. “Se necessario gli stessi dati potranno essere esibiti in giudizio. La differenza è che oggi il datore di lavoro può usare in giudizio le registrazioni di una telecamera soltanto quando ciò serve a dimostrare che ha subito un danno, come per esempio la sottrazione di un bene. Con le nuove regole, invece, l’uso diventa più ampio. Con due vincoli, però. L’azienda deve informare il lavoratore sulle informazioni che ha a disposizione e le stesse informazioni non devono essere utilizzate per ledere la privacy”. La partita tuttavia è ancora aperta: sebbene il parere delle commissioni non sia vincolante, al momento del varo il Consiglio dei ministri può comunque decidere di apportare ulteriori modifiche ai decreti attuativi. Da qui, l’insurrezione dei sindacati, decisi a cambiare questo passaggio che, agli occhi della segretaria nazionale della Cgil Serena Sorrentino rappresentano un “colpo di mano del governo”. Compatti, sul fronte del no, anche Cisl e Uil. “La norma va cambiata”, concorda Annamaria Furlan della Cisl, “questi aspetti devono essere regolati tramite la contrattazione, innanzitutto quella di prossimità”.