Risk Management: una funzione non così centrale tra le aziende italiane

Poco più della metà delle società del nostro Paese ha una funzione di risk management al proprio interno, che resta una figura spesso non strategica. Lo studio di PwC Italia e Nedcommunity

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Quanto è diffusa la governance dei rischi nelle aziende italiane? Come è strutturata? C’è un presidio sistemico e continuativo rispetto ai diversi rischi ai quali l’impresa è esposta? Dalla ricerca Risk Management & Governance: lo stato dell’arte delle imprese italiane, condotta da PwC Italia in partnership con Nedcommunity su 100 aziende non operanti nel settore finanziario, emerge un quadro in chiaroscuro.

Risk management poco diffuso, soprattutto tra le pmi 

In base ai risultati dell’indagine, solo un’azienda su due (58%) ha una funzione di risk management al proprio interno, con una maggiore diffusione tra le aziende quotate (78%) e quelle operanti in un settore regolamentato (83%) e una minore diffusione tra le non-quotate (41%).

Suddividendo le imprese in classi di fatturato, appare evidente come l’adozione di un sistema integrato di Gestione del rischio sia più frequente nelle imprese di grandi dimensioni: sotto i 100 milioni è presente in circa un terzo delle aziende (37%), che diventa il 79% per quelle sopra i 750 milioni e la totalità per i grandi gruppi multinazionali (con più di 3 miliardi).

“In un periodo storico di forti incertezze geo-politiche ed economiche un’azienda non può più permettersi di non presidiare i rischi ai quali è esposta e di non conoscere la propria propensione al rischio. Un processo che necessita nuovi figure professionali e adeguati flussi informativi per la governance”, rileva Patrizia Giangualano, Independent Director, Advisor in Governance and Sustainability, Consigliere Direttivo Nedcommunity.

Spesso questa funzione, ancorché presente, non è poi così centrale per un’azienda: meno di un responsabile Risk Manager su due (43%) riporta direttamente al Ceo, una funzione fondamentale per garantire l’autonomia e indipendenza di giudizio, abilitando il ruolo di supervisione sulla coerenza tra strategia e rischi connessi. Manca ancora un vero e proprio approccio risk-based thinking, tanto che la figura del risk manager in oltre un terzo dei casi (36%) non è un C-Level.

Propensione al rischio, questo sconosciuto

In base allo studio PwC Italia-Nedcommunity, oltre la metà delle imprese (53,1%) non avrebbe definito espressamente la propria propensione al rischio e, soprattutto, tra quante non hanno un Risk Appetite Framework (RAF) oltre il 76% non ha nemmeno in programma di definirlo. Non c’è una significativa differenza tra quotate e non, così come non c’è in base alle dimensioni aziendali, tra le aziende che si sono dotate di un sistema di valutazione della propria propensione al rischio.

Un dato sorprendente, ammette Riccardo Bua Odetti, Partner PwC Italia e Risk Consulting ERM Leader. “Eppure il risk appetite e la risk tolerance sono due pilastri fondamentali del framework Erm che garantiscono una gestione del rischio aziendale coerente con la strategia. In assenza di questi aspetti, l’azienda potrebbe avere un business plan non duraturo nel tempo e assumere una rischiosità non in linea con le aspettative degli stakeholder”.

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