Tra Academy e nuovi metodi

Il punto di vista di Federico Ott, Managing partner di Risorsa Uomo di Milano

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L’intervista a Federico Ott è parte di 

La formazione esperienziale: il futuro della formazione aziendale


Non possiamo parlare di cambiamenti se non capiamo da dove partivamo
Anche se stiamo ragionando di formazione post pandemia, di fatto quel tempo è stato un acceleratore di processi già in atto e che comunque si sarebbero presentati ed evoluti. Basta guardare le competenze cercate negli ultimi, e nei prossimi, anni: in testa quasi una dicotomia tra pensiero creativo e pensiero analitico, dicotomia che però si dovrà presto trasformare in equilibrio. Poi c’è l’alfabetizzazione tecnologica, che verrà ripresa dall’intelligenza artificiale e dalla capacità di gestire i big data; la curiosità e l’apprendimento continuo seguiti dalla tanto nominata (spesso a vanvera) resilienza insieme a flessibilità; il pensiero sistemico; infine, non ultime, motivazione, consapevolezza di sé e capacità di gestire talenti. Non tralascerei l’orientamento al servizio e il customer service.

Quanto incide il fatto che mediamente in un’azienda possano convivere fino a quattro generazioni?
Mai prima d’ora, nella storia della formazione manageriale o aziendale, si erano mescolate così tante generazioni e così diverse tra loro. In rarissimi casi aziendali è ora possibile comporre l’aula perfetta e omogenea, ma è bene che i trainer tengano a mente che gli adulti e i senior apprendono più facilmente se vedono una utilità a breve, se riscontrano subito una applicabilità concreta. Le nuove generazioni invece si muovono all’opposto, nascono multitasking per la molteplicità di stimoli che ne ha completamente modificato sia le soglie di attenzione – mai state così basse – sia i metodi di apprendimento. Loro si nutrono di più stimoli tutti insieme tra parole, video e immagini. Sconsigliate le slide per i più giovani, magari qualcuna ogni tanto di recap, così come per loro poco testo scritto, poca aula frontale, sì all’uso di metafore e role play; per loro il massimo è la formazione asincrona, buone anche le brevi pillole formative, un po’ nella stessa logica di YouTube o dei reel sui social. Poco, veloce, ripetuto, fruibile in ogni momento: questa la ricetta ideale per formare generazioni più acerbe, mai valida per gli adulti. Pensiamo, al contrario, ai corsi per dirigenti di nuova nomina che si facevano anni fa: una settimana di full immersion chiusi in qualche hotel o aula, per otto ore al giorno; oggi sarebbe impensabile e inefficace anche per generazioni over 40 o 50.

Quale ruolo hanno le Academy aziendali?
Risolvono e aiutano a lenire quelli che sono oggigiorno i principali crucci di un imprenditore. Ne elenco alcuni: trasmettere competenze e know how e tenersi il konw how stesso in casa, facendolo evolvere senza farlo uscire dall’azienda, è il problema numero uno. Il secondo grande problema è trovare persone. E non parlo di talenti perché la storia dei talenti ha fuorviato parecchi, allora le aziende hanno cominciato a dire che dovevano trattenere persone, perché sono le persone adesso che mancano e alle quali non si riesce a trasferire competenze. Qui le Academy diventano uno snodo cruciale perché, davanti alla innegabile denatalità, rappresentano un’occasione per stimolare, per insegnare un mestiere, dato che ormai lo stage è superato, non aiutando più sui numeri che fanno massa critica. Un esempio lampante è quello dei punti vendita, spesso micro, ma che mettono le aziende in condizione di dover infornare ogni tanto centinaia di figure per garantire il ciclo giusto tra sell in e sell out.

Quindi, è utile spostare lo sguardo all’interno, dopo anni in cui le imprese hanno guardato di più al mondo esterno?
In un certo senso sì. La formazione continua dentro le Academy è una forte leva di motivazione che aiuta a trattenere le persone più capaci senza disperdere l’investimento. Infine, le Academy permettono di gestire il problema dell’aging, destinando al ruolo di formatori in esclusiva quelle persone che magari non trovano più spazio in azienda ma che detengono un ruolo importante, o affiancando il ruolo di trainer al ruolo che tradizionalmente hanno in azienda, e quest’ultimo è un vantaggio enorme, strategico, che molte imprese ancora faticano a cogliere. Credo che la formazione moderna per le aziende si giochi tutta qui, o quasi: formarsi i propri trainer con metodologie specifiche ma tenendoseli in casa, permettendo di contestualizzare ogni concetto nella propria realtà e investendo sull’applicabilità delle nozioni acquisite nel proprio contesto. Questo sì che è un valore strategico.

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