Marketing del futuro: una fusione tra dati e creatività

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L’intervista a Emanuele De Longhi, Head of Marketing Communication & Media di Samsung Electronics Italia è parte dello speciale

THE HUMAN TOUCH


Quanto è diventato centrale in Samsung l’utilizzo dei big data e delle nuove tecnologie per la definizione delle strategie di marketing?
In uno scenario sempre più digitale, in cui si è prossimi a un futuro senza cookies, l’analisi dei dati, soprattutto di quelli proprietari diventa fondamentale per la definizione delle nostre strategie. È un lavoro che facciamo già da tempo e l’implementazione dell’intelligenza artificiale ci sta aiutando a migliorare il modo in cui questi dati vengono elaborati. Perché il punto cruciale è proprio questo: non basta avere a disposizione un’enorme mole di dati, è poi fondamentale saperli usare in maniera corretta perché possano fornirci un output utile agli obiettivi di business.

In questo contesto, qual è il ruolo di quello che potremmo definire il fattore umano?
Il fattore umano è quello che ci permette di pensare fuori dagli schemi, di produrre idee innovative. È un aspetto fondamentale e farà sempre capo a chi ha il compito di definire le strategie e prendere decisioni. Certo, avere a disposizione tecnologie a supporto agevola questo lavoro, riducendo i tempi di lavorazioni meccaniche come la raccolta e l’elaborazione dei dati e permettendo di fare delle scelte in maniera consapevole. L’importante è tenere la mente aperta e non interpretare i dati sulla base dei propri preconcetti.

Guardando al prossimo futuro, c’è una mansione oggi prettamente umana, che probabilmente finirà per essere interamente delegata all’A.I.?
Oggi buona parte del lavoro di raccolta dati e di analisi viene ancora fatta dalle persone, il che porta spesso con sé problematiche legate al cosiddetto errore umano, sia nell’inserimento che nel settaggio delle macchine per l’analisi dei dati stessi. Credo che in un futuro non troppo lontano la maggior parte di questo lavoro sarà svolto automaticamente dall’A.I. focalizzando il fattore umano sui dati già pronti per essere analizzati. 

Al contrario, in quale ambito la tecnologia non sarà mai in grado di sostituire gli esseri umani?
L’empatia. La tecnologia aiuta a comprendere i bisogni dei clienti e a creare soluzioni personalizzate, ma non è in grado di restituire l’aspetto emotivo. Per esempio, grazie ai dati possiamo sapere tante cose sul nostro consumatore, l’età, il sesso, la provenienza geografica, persino la disponibilità economica, tutte informazioni di tipo quantitativo, ma sul fronte qualitativo, il tocco umano resta fondamentale.

Non è un aspetto di poco conto, visto che negli ultimi anni i consumatori cercano sempre di più un brand in cui riconoscersi in termini valoriali…
Assolutamente. È un aspetto importantissimo in cui la componente umana avrà sempre un ruolo decisivo. Soprattutto per costruire un rapporto con le nuove generazioni, vogliamo riuscire a trasmettere i valori del nostro brand nel continuo tentativo di migliorare, attraverso i nostri prodotti, la vita delle persone e la loro quotidianità. E questo è un aspetto prettamente umano. Allo stesso tempo, però, i dati che ci arrivano dai consumatori ci aiutano a definire le nostre strategie, così come nel lavoro di ricerca e sviluppo ci aiutano a rilevare le necessità del consumatore di cui teniamo conto per realizzare nuove soluzioni.

Voi siete un’azienda tecnologica in un mondo in cui la tecnologia è sempre più pervasiva, quindi anche la relazione con i consumatori passa sempre più spesso, appunto, attraverso device tecnologici. In questo contesto come si riesce a mostrare al consumatore il volto umano dell’azienda?
La tecnologia ha avuto un ruolo decisivo nel permetterci di realizzare offerte di comunicazione e commerciali personalizzate, direi quasi ad hoc per ogni singola persona. E questo è un aspetto rilevante, perché permette di dare importanza a ciascun consumatore. Allo stesso tempo, però, non va dimenticato il rapporto di fiducia che bisogna instaurare con il consumatore stesso. Per noi avere credibilità, riuscire a creare un rapporto empatico con il consumatore è la chiave per il successo. Perché in portfolio abbiamo tanti prodotti di tipo diverso, che vanno dagli smartphone ai televisori e agli elettrodomestici, e instaurare una relazione di lungo periodo ci permette di fornire alle persone prodotti differenti nelle diverse fasi della loro vita, sempre con l’idea di fargli vivere un’esperienza di utilizzo unica.

Si può citare una campagna particolarmente riuscita nel cui sviluppo la componente umana abbia avuto un ruolo decisivo?
Ripensando al periodo in cui sono stato direttore marketing della divisione Home Appliances, mi vengono in mente due campagne simili per approccio che hanno dato risultati importanti. Una era legata al lancio dei nostri frigoriferi Bespoke: abbiamo chiesto ai ragazzi di diversi istituti d’arte italiani di utilizzare lo sportello del frigorifero come fosse stata una tela bianca e immaginare come avrebbero voluto che fosse dal punto di vista estetico, per poi premiare le proposte migliori. Il tutto in partnership con una serie di artisti che, oltre a proporre delle proprie versioni, hanno anche fatto da tutor ai ragazzi. Questo ci ha permesso di mostrare il nostro prodotto e le sue possibilità di personalizzazione, proponendo allo stesso tempo un’attività per i giovani e le scuole. Un approccio simile ci ha portato, due anni fa, a lanciare la nostra nuova scopa elettrica senza fili Samsung Bespoke Jet durante una sfilata di abiti disegnati da giovani stilisti. Anche in questo caso abbiamo sì presentato il prodotto, ma allo stesso tempo dato spazio alla creatività e alle nuove generazioni. Una proposta un po’ out of the box che ha avuto ampia cassa di risonanza a livello di Pr e uscite stampa. Infine, per citare anche una campagna più “tradizionale” diffusa in televisione, quest’anno abbiamo lanciato uno spot sul nuovo forno con doppia porta Dual Cook Flex incentrata su un padre che si diverte a cucinare per la figlia pietanze ogni giorno diverse. L’idea era uscire dallo stereotipo ormai superato della mamma ai fornelli, per giocare invece sulla complicità tra padre e figlia.

Il 2023 è stato l’anno in cui il grande pubblico ha scoperto le potenzialità dell’A.I. generativa. Sulla scia dell’entusiasmo mostrato da molti, si corre il rischio di attribuire alle nuove tecnologie capacità che vadano oltre le loro reali possibilità?
Io sono convinto che l’A.I. non debba spaventare, ma che si rivelerà un’alleata sempre più importante nella nostra quotidianità, sia in ambito privato che lavorativo. Ovviamente dobbiamo ricordare che questo nuovo strumento non riesce a rilevare appieno alcune caratteristiche proprie dell’essere umano, come certe sfaccettature caratteriali o determinati aspetti che possono influenzare i consumatori in specifici momenti storici. La nostra bravura deve essere proprio quella di integrare gli output dell’A.I. con questi fattori umani da essa non rilevati, ma non per questo meno importanti.

Insomma, anche l’intelligenza può sbagliare?
Non lo definirei sbagliare, ma sicuramente il suo output può essere negativamente influenzato dalla fornitura di dati incompleti o errati. Il punto chiave è il brief che viene fornito all’A.I per lavorare e quello dipende dalla componente umana. Insomma, anche errare rimane una prerogativa umana (ride).

Per riassumere, nel prossimo futuro la tecnologia sarà sempre più presente, ma non al punto di sostituirvi?
Esattamente. Perché sicuramente ci permette di raggiungere un pubblico più ampio, ma non è ancora in grado di connettersi con il pubblico a livello emotivo. E oggi, soprattutto per i consumatori più giovani, la chiave è proprio colpirli da quel punto di vista, attirandoli a livello esperienziale e valoriale in modo credibile.


Questa intervista è stata pubblicata sul numero di Business People di novembre 2023. Scarica il numero o abbonati qui

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