I migliori vini italiani dalle isole minori

Al di là delle grandi Sicilia e Sardegna, anche le piccole isole del nostro Paese sono sempre più vivaci nella produzione enologica di qualità

La viticoltura isolana è più in forma che mai, con vini italiani che risentono poco dei cambiamenti climatici e sfruttano il mare come fonte di equilibrio in aromi e sapori. In molti casi si tratta di viticoltura eroica su terrazzamenti e zone impervie e, grazie a varietà di uva capaci di crescere sulla sabbia, troviamo vigneti non innestati e quindi a piede franco, rarità enologica mondiale. Non stiamo parlando di Sicilia e Sardegna, che ormai sono macro-regioni vinicole affermate, ma delle piccole isole con il loro fascino particolare.

Partiamo dalla Toscana, in particolare dalla “grande” Elba, dove Antonio Arrighi ha iniziato un percorso di recupero di vinificazione di uve Ansonica usando acqua marina e anfore alla maniera romana. Il suo Valerius è un bianco delicato, che al gusto rivela mandarino e ribes bianco misto a macchia mediterranea. L’azienda Mola produce dalle aromaticissime uve rosse Aleatico un brut, un rosé e uno splendido passito. L’Aleatico viene vinificato anche sull’isola di Capraia dall’azienda La Piana. Sempre a base Ansonica, invece, si lavora tanto sull’Isola del Giglio, dove oltre al precursore Francesco Carfagna e la sua Altura, oggi ci sono Simone e Francesco Rossi con l’azienda Fontuccia, e Simone Ghelli e Desy Francini con Castellari Isola del Giglio. Sempre sull’Ansonica è basato il lavoro di Frescobaldi a Gorgona, dove sono i carcerati dell’isola-prigione a coltivare, vendemmiare e vinificare le uve: un vino splendido e affascinante, che soprattutto permette una riabilitazione lavorativa e sociale di rara efficacia.

A Ponza troviamo coltivata la Biancolella da Cantine Migliaccio. Sempre nel Lazio, nella gettonatissima Ventotene, c’è il Pandataria della cantina Candidaterra da uve Greco, Fiano e Falanghina. In Campania le meravigliose Ischia e Capri vantano un passato vinicolo di grandissimo rispetto, come dimostrano i vini di Cenatiempo e di Tommasone a Ischia (coltivazione eroica di Biancolella, Forastera e Piedirosso che non hanno mai visto attrezzi agricoli moderni) e Scala Fenicia a Capri, con Luigi Esposito, leggendario ultra-ottantenne che per tutta la vita si è preso cura delle viti da cui oggi nasce il Capri Bianco Doc, affidato per il futuro ad Andrea Koch.

Se la tradizione dei vini passiti di Pantelleria e delle Eolie sono note a molti, meno noti sono i loro prodotti “secchi”, ideali per abbinamenti intriganti con pesci e carni anche speziate e balsamiche, come Pellegrino e il loro bianco Pantelleria zibibbo Isesi. Nelle Eolie si sta assistendo da anni a una rinascita collettiva in termini di ettari e vini italiani prodotti, a partire da Tasca d’Almerita e Barone di Villagrande, che a Salina producono da anni sia vini dolci che secchi, e Cantine Colosi che ha appena tagliato il traguardo dei dieci anni di vendemmia della Malvasia Secca del Capo da vigneti tra Capofaro e Porri piantati a Corinto nero, Nerello cappuccio e Mascalese, Inzolia, Catarratto.

Sempre a Salina, Luca Caruso della famiglia Caruso che da anni gestisce l’Hotel Signum e il suo ristorante stellato, ha prodotto la prima annata di Valdichiesa con il progetto Eolia, un vino speciale e sinuoso. Nelle “altre” Eolie segnaliamo, a Vulcano, Punta Aria e la loro Malvasia Fracangelo con Mauro Pollastri, milanese di nascita ma vulcanaro di adozione, che dal 2014 ha fatto rinascere un’azienda ferma da più di mezzo secolo. Ancora più sperduta Ustica, ma anche qui possiamo godere di un fantastico sorso di sole cangiante, energico speziato e profondamente floreale con i vini di Hibiscus, una piccola realtà che punta ovviamente sull’uva Zibibbo.

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