Smart working: contrario ancora il 49% delle imprese italiane

Diminuiscono le aziende reticenti ai nuovi modelli di lavoro flessibile, ma sono ancora numerose le realtà che non hanno intenzione di cambiare per motivi interni. Eppure i vantaggi sono numerosi…

Crescono le aziende che abbracciano i nuovi modelli di lavoro flessibile, ovvero quelle che agevolano i dipendenti a lavorare in mobilità fuori dalla sede aziendale. Secondo una recente indagine di InfoJobs, condotta su un campione rappresentatito delle imprese italiane, entro il 2020 lo smart working sarà una realtà per il 51% delle aziende del nostro Paese. Forse, però, il dato più eclatante è che ancora oggi il 49% delle realtà imprenditoriali italiane è assolutamente contrario a questo nuovo modello di lavoro (la percentuale è comunque in diminuzione dell’11,5% rispetto al 2016). Di questi, l’8% non implementerà politiche di smart working per mancanza di supporti tecnologici, mentre il 41% è in sostanza reticente al lavoro flessibile. I più pessimisti lo considerano un fenomeno passeggero, che non potrà diffondersi a causa del pregiudizio legato al possibile calo di produttività (25%).

Smart working in Italia: a che punto siamo?

A oggi, il 39% delle aziende ha implementato politiche di smart working in Italia. Di queste, il 27% lo ha attivato solo per alcune aree funzionali, mentre per il 12% coinvolge tutti i dipendenti. C’è poi un 12% di imprese che ne prevede l’introduzione entro due anni. Quasi la metà delle aziende è però ancora reticente (49%). Dalla survey condotta da InfoJobs, emerge, inoltre, che le aziende che sono favorevoli allo smart working non ritengono necessario avere limiti di tempo entro i quali si può lavorare in mobilità durante la settimana. Ben il 55% rivela che non prevede un monte ore fisso ma è a discrezione del dipendente decidere quando lavorare in smart working. Del restante 45% invece l’indicazione media è quella di una giornata a settimana (23%) e solo il 9% lo farebbe due giorni alla settimana.E per monitorare l’attività svolta durante lo smart working e valutare così la produttività del dipendente, il modo migliore è quello della verifica con il proprio responsabile degli obiettivi prefissati (46%). Solo il 28% indica metodi più radicali come un report a fine giornata (16%) o addirittura un controllo informale per accertarsi l’effettiva reperibilità del lavoratore (12%).

I vantaggi dello smart working

L’impatto per un’azienda di adottare delle politiche che consentano e incentivino lo smart working è giudicato, secondo i dati elaborati da InfoJobs, molto positivo dalla quasi totalità degli intervistati. Il 78% lo ritiene un valore che, per il 19%, potrebbe migliorare la qualità della vita dei dipendenti, la loro motivazione e inciderebbe positivamente sulla produttività e per il 59% porterebbe comunque un cambiamento positivo, anche se soltanto in alcune aree e non in tutti settori o per tutte le posizioni. Poco più del 10% è convinto invece che sia una moda passeggera sopravvalutata o addirittura una pratica dannosa che potrebbe incidere negativamente sulla redditività dei lavoratori a causa della troppa libertà (11%).

Lo smart working è sicuramente visto anche come una leva strategica per attrarre nuovi talenti (79%) che lo vedono come un elemento differenziante nel 37% dei casi o comunque come un incentivo su cui far leva insieme anche ad altri elementi quali il grado di responsabilità e le condizioni economiche nel 42%.

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