Lavorare di notte non è più un tabù

Il sonno “bifasico” o “interrotto” proposto da Roger Ekirch potrebbe essere un modo per migliorare la produttività

Sei, sette, otto ore: su quanto sia necessario dormire per svegliarsi riposati si dibatte da tempo. Ma se stare svegli di notte non fosse più roba da amanti delle discoteche, turnisti o insonni cronici (quattro milioni di italiani)? O meglio, l’idea rivoluzionaria – ma non nuova – di Roger Ekirch, docente di Storia al Virgina Tech, è quella del sonno “bifasico” o “interrotto”. Non nuova perché nel suo libro At Day’s Close: Night in Times Past, Ekirch ha raccolto 500 testimonianze storiche su questa abitudine dal sapore creativo: subito a dormire entro due ore dal tramonto, poi risveglio a mezzanotte per due ore di vita (spesso sregolata tra fumo, alcol e donne) e di nuovo a nanna fino al mattino.

Quella che era una tradizione gaudente, oggi potrebbe essere un modo per migliorare la produttività: il sonno bifasico ha, infatti, salvato Ryan Farley e Steven Corcoran, cofondatori di Lawnstarter, durante l’ascesa della loro azienda di giardinieri in affitto. E nel caso di stanchezza, si può sempre rimediare con un pisolino di mezz’ora durante il giorno: chiedetelo a quelli di Google, dove da anni ci sono le nap room per la pennichella “produttiva”.

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