La legge in sintesi

Il disegno di legge proposto da Pietro Ichino si fonda sull’istituzione di un contratto collettivo con il quale una o più imprese si impegnano a compiere tutte le nuove assunzioni – salvo limitate eccezioni – con contratto a tempo indeterminato; e costituiscono un ente bilaterale a gestione paritetica o un consorzio che garantisca ai lavoratori, assunti nel nuovo regime, l’assistenza e il sostegno nel reddito in caso di perdita del posto di lavoro. Il disegno prevede un periodo di prova di sei mesi; superato questo termine, il licenziamento per mancanza grave del lavoratore e il licenziamento discriminatorio restano soggetti al controllo giudiziale, con applicazione dell’articolo 18. Invece è sottratto al controllo giudiziale – salvo che il lavoratore abbia raggiunto i 20 anni di anzianità di servizio – il licenziamento per motivi economici od organizzativi, che resta limitato soltanto dal relativo costo imposto all’impresa. In caso di licenziamento per motivi non disciplinari le imprese devono versare al lavoratore una cifra pari a una mensilità per ogni anno di anzianità aziendale. A questo si aggiunge il trattamento di disoccupazione erogato dall’ente (e finanziato interamente con un contributo sul monte salari dei nuovi assunti). Il lavoratore che sia stato licenziato sottoscrive, infatti, con l’ente un contratto di ricollocazione in funzione del quale percepisce un’indennità pari al 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, dell’80% per il secondo, del 70% per il terzo e del 60% per il quarto. Ma in questo arco temporale lo stesso ente si fa carico soprattutto di un servizio di assistenza intensiva per la ricerca di una nuova occupazione, con corsi di formazione, riqualificazione e attività di outplacement. Il lavoratore è obbligato a partecipare secondo un orario settimanale analogo a quello di lavoro praticato in precedenza e può in qualsiasi momento rinunciare al proprio trattamento di disoccupazione, mentre l’ente può recedere dal contratto nel caso in cui il lavoratore sia inadempiente oppure abbia rifiutato in modo ingiustificato un’opportunità di lavoro. L’ente è finanziato con i contributi del Fondo sociale Europeo e dalle stesse imprese che l’hanno istituito. Il finanziamento dell’ente per le aziende che aderiscano al nuovo regime e abbiano un numero di dipendenti inferiore alla soglia per l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, è a carico dell’erario per la parte corrispondente a un costo medio determinato nella misura dello 0,5% del monte-salari relativo ai rapporti di lavoro assoggettati al nuovo regime. Il contributo pensionistico per il dipendente in nuovo regime di protezione è pari al 30% della sua retribuzione lorda.

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