Per il 34% dei recruiter, l’intelligenza emotiva è la chiave del successo

Se coltivata attraverso programmi ad hoc, questa qualità chiave può migliorare anche del 70%. Ecco da dove iniziare

Esperienza nel settore, competenze specifiche, percorsi di studio mirati: sono tutti requisiti importanti, ma non sufficienti. Oggi, per fare colpo sui selezionatori ai colloqui di lavoro bisogna dimostrare di possedere anche un certo grado di IE o intelligenza emotiva. La conferma arriva dallo studio Workplace Trend 2018 realizzato dal Gruppo Sodexo, secondo cui è proprio questa qualità a fare la differenza più grande in sede di selezione, ancor più che un elevato quoziente intellettivo. Lo dimostra anche il fatto che la maggior parte delle persone di successo possiede un buon livello di IE. Ma di che cosa si tratta esattamente? Stando allo psicologo di fama mondiale Daniel Goleman, è la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace. In effetti, saper riconoscere che cosa si sente e perché, essere empatici con i colleghi, riuscire a tenere a bada i sentimenti negativi e a valorizzare quelli positivi, essere in grado di gestire le relazioni con gli altri e di risolvere i conflitti, motivare e ispirare sono tutti valori aggiunti, che possono rendere più efficace e produttivo il proprio modo di lavorare.

L’intelligenza emotiva può essere allenata

Che l’intelligenza emotiva sia un aspetto sui cui i candidati dovranno lavorare sempre di più lo dimostra anche il fatto che per il 34% degli headhunter intervistati è una caratteristica che assume grande importanza al momento delle selezioni. Non solo. Bisogna considerare che le aziende più innovative sono già al lavoro per creare un ambiente di lavoro in grado di stimolare l’intelligenza emotiva. Del resto, se coltivata attraverso programmi ad hoc, questa qualità chiave può migliorare anche del 70%. Ma da dove iniziare? Innanzitutto assumendo talenti con maggiori competenze di IE. E poi dando spazio a pratiche come l’experience design, che possono aiutare a scoprire i bisogni e le motivazioni dei lavoratori e a capire come migliorare la loro esperienza lavorativa. Esistono anche tecniche per comprendere e misurare le emozioni. Per esempio “Personix™, lo strumento creato da Sodexo per capire al meglio i dipendenti in azienda: attraverso i dati psicografici raccolti con la metodologia di Personix™ è possibile delineare le motivazioni dominanti tra i dipendenti dell’azienda, relative ad attitudini, stile di vita, personalità e valori” spiega Stefano Biaggi, amministratore delegato di Sodexo Italia. In questo modo, è possibile “definire un’ampia gamma di soluzioni, dal design degli ambienti ai servizi di ristorazione, le pulizie, la sostenibilità, i servizi ricreativi e molto altro. Il processo permette anche di ottimizzare fattori quali i livelli di personalizzazione del servizio, la digitalizzazione, le scelte e i controlli, in base alle necessità”.

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