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Lavoro

Gli esami non finiscono mai

Sembra un paradosso, però in ufficio, quando si tratta di dare voti ai manager, generalmente vige uno strano buonismo che a lungo andare risulta deleterio. Sulle performance, ma anche sul clima aziendale. Ecco i pro e i contro del famigerato Mbo

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Per avere un aumento di stipendio, trent’anni fa a un impiegato in banca bastava essere “di buon comando”. Un esecutore d’ordini e con modeste ambizioni, insomma. Di questo tenore erano i primissimi sistemi di valutazione adottati dalle imprese italiane. Poi sono arrivati gli americani con il loro management by objective (Mbo) e le cose sono cambiate radicalmente: i dipendenti valutati in base agli obiettivi danno il meglio di sé e si orientano ai risultati. Oggi non basta più: bisogna fare ancora un altro salto in avanti. «Non è importante solo il che cosa, cioè l’obiettivo, ma anche il come lo si raggiunge», spiega a Business People Carlo des Dorides, partner di Gso e uno dei massimi esperti di valutazione del personale (oltre che autore, con Paolo Iacci, del libro I sistemi di valutazione del personale. Dalla gestione per obiettivi ai sistemi di engagement).

RIDIAMOCI SU

Quando si tratta di fare autocritica, i colletti bianchi danno il meglio di sé, nel bene e nel male. Ecco alcune autovalutazioni raccolte da Mario Bianco, ceo di Selebi, società specializzata nella selezione del personale.«Mi ritengo incrine al lavoro di gruppo».«Credo di esser stato sempre esaudiente».«I miei punti di forza sono di essere un elemento di caratura internazionale, con capacità di motivare i miei collaboratori, mentre i miei punti deboli sono gli occhiali e l’eccesso ponderale».«Ritengo di avere la capacità di anticipare la soluzione dei problemi prima della loro comparsa».

«Per esempio: come si tagliano i costi senza limitare gli investimenti, come si fa carriera senza passare sulla testa delle persone, come si vendono polizze assicurative senza rifilare bond spazzatura». Insomma, il bravo dirigente di oggi deve essere valutato su un mix di risultati e comportamento. Utopia? Niente affatto. Anzi, valutare bene e meglio è diventata una priorità, perché in un momento in cui scarseggiano le risorse da investire sulla crescita del personale, meglio puntare su un cavallo vincente. Per sapere chi è non esistono alternative ai moderni sistemi di valutazione: sulla carta sono infallibili. Ecco, appunto: sulla carta. I problemi nascono invece quando si passa dalla teoria alla pratica. Al momento di dare un voto ai collaboratori, tutti vengono colti dalla sindrome della Gazzetta dello Sport: nella pagella guai a dare zero. «Lo stesso accade in ufficio: in una scala da 1 a 5, che è quella classica dell’Mbo, nessun capo ha il coraggio di dare una sonora stroncatura, anche se l’impiegato lo meriterebbe», dice Enrico Banchi, partner della Scuola di Palo Alto e presidente di Profiles International Italy, società che si occupa di assessment per la valutazione del personale. È per questo che il sistema, per quanto buono, fallisce. Perché viene usato male. Ecco spiegati i malumori che serpeggiano in ufficio almeno una volta l’anno quando escono le valutazioni finali. Tutti scontenti. «E pensare che il metodo a 360 gradi, quello per cui ciascuno viene valutato dal capo, dai pari livello e dai sottoposti, se usato bene», continua Banchi, «riesce a dare una fotografia impeccabile ed estremamente realistica della persona, un report dettagliatissimo, statistico e completo». E invece no. In ufficio pare che ci sia troppo buonismo. Col risultato che alla fine, se qualche cosa ancora è rimasto da distribuire, gli aumenti cadono a pioggia: pochi, ma per tutti. Un contentino che non serve certo a stimolare davvero i migliori e a mettere in riga gli ultimi della classe. E se questa fosse l’ennesima prova che, tutto sommato, i sistemi di valutazione non servono a nulla? In molti lo pensano. Il più noto detrattore del metodo è l’americano Edwards Deming, che voleva abolire l’Mbo perché convinto, tra l’altro, che un premio provoca una diminuzione della performance e una punizione non produce sempre un miglioramento. «La famigerata direzione per obiettivi non è più adatta ai nostri tempi», rincara la dose Giuseppe Monti, esperto di gestione di impresa, ex Olivetti e Mediobanca, oggi direttore responsabile della rivista on line Caos Management (www.caosmanagement.it), «perché ha moltissimi difetti: in generale l’ufficio del personale fissa gli obiettivi senza negoziarli, i collaboratori cercano di averli bassi perché così è più facile, si dà troppa importanza al risultato ma non alle condizioni per raggiungerlo e, cosa ancor più grave, ciascun manager e divisione persegue il proprio obiettivo a scapito di quelli degli altri dipartimenti. Quando lavoravo in Olivetti», ricorda Monti, «fui nominato funzionario di vendita per i ministeri della Finanza e della Difesa. Alla fine del primo mese notai che il capogruppo ispezionava le scrivanie di tutti i funzionari. Il fatto era che ciascuno, e per ciascun cliente, aveva degli obiettivi di vendita mensili su cui veniva calcolato un bonus. E lo scopo delle ispezioni era semplice: evitare che i funzionari che avessero già raggiunto l’obiettivo del mese conservassero gli ordini in più per il mese successivo». Anche quello era Mbo, ma della peggior specie. E controproducente. L’alternativa? Per qualcuno il segreto è stabilire obiettivi “smart”, cioè specifici, misurabili, conseguibili, rilevanti e temporali. Per altri, invece, va cambiato tutto per passare alla direzione per processi, che «capovolge la piramide, parte dal cliente, rompe il segreto», conclude Monti, «adotta il passaparola e stabilisce alti livelli di integrità».

SUL CAMPO*

L’azienda petrolifera

Obiettivo: passare da una cultura tecnocratica a una managerialeCome si fa: bisogna usare un sistema di valutazione delle prestazioni ben congegnato, identificando per ogni ruolo le principali aree di responsabilità, i risultati attesi e le azioni gestionali che possono portare al successo. Il dipendente viene valutato sul grado di raggiungimento degli obiettivi, le difficoltà incontrate e le mosse intraprese per superarle.

La banca

Obiettivo: potenziare le capacità manageriali dei capi, migliorare i rapporti con i collaboratori e sviluppare le prestazioni di tuttiCome si fa: l’istituto di credito ha cominciato a valutare gli obiettivi gestionali, di miglioramento del comportamento e di sviluppo delle competenze. Le finalità vengono comunicati a tutti a inizio anno e prima della valutazione finale avvengono diverse verifiche intermedie.

L’azienda hi tech

Obiettivo: migliorare le prestazioni in un mercato in continua evoluzione.Come si fa: l’azienda ha individuando i traguardi per l’anno, i criteri per misurare il risultato e i piani di azione. La vera novità è stata introdurre valutazioni intermedie e continui feedback durante il periodo per aiutare i dipendenti a raggiungere il risultato e superare gli eventuali problemi prima della valutazione finale.

* Da Carlo des Dorides e Paolo Iacci, I sistemi di valutazione del personale. Dalla gestione per obiettivi ai sistemi di engagement (Guerini e Associati, 2013)