La strada per la parità di genere è lastricata di buone intenzioni ma, al contempo, è ancora lunga: i numeri che ritraggono i movimenti delle donne nel mondo del lavoro, infatti, rimangono ancora bassi e ben lontani da quelli della controparte maschile. A dimostrarlo è uno studio di Goldman Sachs, che pur ponendo l’accento su quelle che sono le variabili positive ha anche sottolineato come a livello globale la percentuale di lavoro femminile non retribuito rimane elevata, cosa che crea un grave ostacolo all’uguaglianza.
Lo studio, che prende il nome di Womenomics, torna dopo ben 25 anni dalla prima omonima indagine, per fare una comparazione sullo status professionale delle donne. L’indagine muove attraverso una serie di macro aree d’indagine, partendo dal reale peso che il contributo femminile ha nel mondo del lavoro.
Nonostante la chiara tendenza verso una maggiore partecipazione femminile rilevabile in molti Paesi (tra cui il Giappone, dove è stato appena imposto per legge che le aziende, quotate e non quotate, specifichino la percentuale di manager donne, con l’obiettivo per le quotate di arrivare entro il 2030 ad averne almeno il 30%) la loro presenza è sottovalutata.
Il ruolo delle donne nel mondo del lavoro in Italia
In Italia, ad esempio, la forza lavoro si sarebbe ridotta negli ultimi anni se non fosse stato per la partecipazione delle donne, ma sembrano esserci ancora troppe poche misure atte a sostenerle o incentivarle. Ai vertici delle grandi aziende se ne trovano ancora pochissime, proprio per questo il nostro Paese è sceso all’ 87esimo posto nelle classifiche mondiali quanto a inclusione tra generi.
Un altro tasto dolente riguarda la retribuzione. Il gender gap è ancora elevatissimo: nella maggior parte dei Paesi presi in esame da Womenomics, i divari retributivi sono ben evidenti e rimangono sostanziali nonostante gli sforzi compiuti per ridurli. Nella Penisola il divario salariale, secondo Womenomics, si è ridotto dal 10& al 3% negli ultimi vent’anni, ma c’è un ma: il motivo è che l’occupazione femminile si è concentrata su alcuni lavori a minor valore aggiunto, piuttosto che su quelli part time dove i costi medi del lavoro sono livellati.
Si avverte invece un piccolo miglioramento in quello che è l’ambito dell’avanzamento di carriera. Un miglioramento che in realtà è imputabile al fatto che l’ascesa femminile sembra essere incoraggiata all’interno delle imprese, con il numero di donne Ceo nell’S&P 500 raddoppiato negli ultimi cinque anni e con la presenza (in Europa) di almeno il 40% di donne nei membri del consiglio.
Se invece si guarda a una panoramica più ampia, restano insoddisfacenti i risultati nei campi della tecnologia e della finanza: non solo la mobilità verso i livelli dirigenziali per le donne in questi settori è inferiore a tutti gli altri, ma in generale sono diminuiti i posti di lavoro a esse destinati. Riguardo alla situazione internazionale, la Germania è il primo Paese al mondo per donne occupate (75%): a seguire si trovano Inghilterra, Giappone, Francia, Stati Uniti e poi l’Italia, dove a lavorare è una donna su due.
Goldman Sachs è però convinta che presto il cambiamento accelererà, per un motivo semplice: in tutti i Paesi si rileva che l’impegno e la produttività delle donne nel mondo del lavoro è spesso maggiore rispetto a quello degli uomini, ma anche e soprattutto perché è dimostrato che la diversità di genere crea valore.
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