C’è forza nella vulnerabilità

Ricercatori e psicologi del lavoro spiegano a Business People perché mostrarsi senza corazze e assumersi pubblicamente le proprie responsabilità – soprattutto di fronte a eventuali errori – risulta una carta vincente

Ecco un test molto semplice: quante volte avete senti­to il vostro capo dire: «Ho sbagliato, mi dispiace»? Sta­tisticamente, solo un manager su dieci è capace di am­mettere i propri errori. Gli altri, al contrario, preferisco­no recitare la parte dei veri duri, quelli che non devono chiedere mai perché si sentono infallibili. Peccato, non saranno mai dei veri capi. Ne è convinta la ricercatrice americana Brené Brown, che abbiamo raggiunto a New York via email, autrice di numerosi saggi nei quali so­stiene che la vulnerabilità, nella vita e anche sul lavo­ro, sia la chiave di tutto. «Spesso i manager pensano che osare alla grande significhi buttarsi col paracadute o sca­lare una montagna. Niente di tutto questo: è coraggioso chi alza la mano davanti a tutti alla convention azien­dale e fa una domanda audace», ci dice la Brown, che in America ha da poco dato alle stampe Daring Greatly, presto in Italia nell’edizione di Castelvecchi. «Osa alla grande chi condivide un’idea innovativa e all’apparenza senza senso con i colleghi al lavoro. Significa saper chiedere aiuto o dare supporto a chi è in difficoltà, atteggiamenti rari in ufficio. In sintesi: dobbiamo avere il coraggio di farci vedere e di essere visti». Senza corazze, senza maschere, uscendo dai panni che indossiamo ogni giorno per recitare formalmente una parte che non sen­tiamo più autentica. La domanda, a questo punto, non è più come si diven­ta forti, come ci hanno insegnato fin da quando eravamo bambini, ma come si impara a mostrarsi vulnerabi­li. «Certamente serve una buona consapevolezza di sé che agevoli il cambio di prospettiva dal perfezionismo alla vulnerabilità», spiega Stefano Verza, psicologo del lavoro e delle organizzazioni, «poiché il coraggio di vi­vere le proprie debolezze e sviluppare il senso del limi­te non solo ci permette di scoprire risorse e potenziali­tà inaspettate, ma – con tutta probabilità – ci aiuta a comprendere che il nostro valore va oltre l’esecuzione di una performance perfetta».Vulnerabilità, in sostanza, è capire la necessità della sconfitta, oltre che della vittoria. Non è debolezza, per­ché l’incertezza, il rischio e scoprirsi emotivamente in­difesi è una esperienza che proviamo tutti i giorni, e non possiamo decidere di evitarla. «Ciò che rimane in no­stro potere di fare», spiega Brené Brown, «è decidere se lasciarci coinvolgere o meno, e fino a che punto. La vo­lontà di esporci e interagire con la nostra vulnerabili­tà determina la profondità del nostro coraggio». Tutto molto bello. Tutto molto americano. Da noi funzione­rebbe? «Sarebbe più difficile alle nostre latitudini», pro­va a drammatizzare Marco Masella, direttore della Scuo­la di Palo Alto, «dove il fascino dell’uomo e del capo forte fatica a tramontare. Eppure la strada da percorrere è proprio questa: considerare anche l’insuccesso come bagaglio fondamentale di un manager. Invece, in Italia succede il contrario: quando le cose non funzionano si va ancora alla ricerca del capro espiatorio. Un model­lo culturale deleterio», conclude il direttore, «e da ab­bandonare». Anche perché non possiamo farci niente: provare la sensazione di essere vulnerabili non dipende da noi, non è una scelta. Lo è invece il modo di reagire quando ci troviamo ad affrontare rischi e incertezze. Prima rego­la, disfarci di alcuni miti che rischiano di portarci fuori strada. Per esempio, la convinzione che vulnerabilità sia uguale a debolezza. «Al contrario, è la via per diventa­re coraggiosi» dichiara Brown. Poi il mito di essere im­battibili e potercela fare da soli. «Il viaggio verso la vul­nerabilità non è di quelli che possiamo fare con le no­stre sole forze, abbiamo bisogno di supporto, di qualcu­no che ci lasci provare a precorrere nuove strade e sba­gliare anche, ma senza giudicare». Non sarà facile per chi ha imparato a difendersi dai bulli a scuola, mostrare i denti in un ufficio di squali e affrontare a muso duro le situazioni più difficili. Ma la strada per il successo, nella vita e nel lavoro, passa da un’altra parte: bisogna avere il coraggio di deporre le armi con le quali teniamo gli al­tri a distanza, spogliarci dell’armatura e lasciare che tut­ti ci scoprano. Senza paura.

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