Carriera, due italiani su tre pronti a emigrare per stipendi più alti

Italia prima in Europa per propensione a spostarsi stabilmente in un altro Paese in cerca di un maggiore successo professionale

Chi l’ha detto che gli italiani sono un popolo di mammoni e bamboccioni, incapaci di lasciare la famiglia e, a maggior ragione, la madrepatria? Secondo l’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, i nostri connazionali sono i primi in Europa per propensione a spostarsi stabilmente in un altro Paese in cerca di un maggiore successo professionale. In Italia, infatti, il 67% dei lavoratori sarebbe disposto a emigrare se avesse la certezza di ottenere un miglior equilibrio fra lavoro e un avanzamento di carriera: il 3% in più della media globale e il 12% in più di quella europea. Non solo. Il 64%, contro una media complessiva del 58%, si trasferirebbe se questo significasse un notevole aumento di stipendio e il 57%, contro il 53% della media globale, se potesse avere un lavoro più soddisfacente. Ma dove vorrebbero andare gli italiani? Innanzitutto, in Germania, che raccoglie il 9% delle preferenze. Seguono Francia, Svizzera e Spagna (8%), Regno Unito (7%), Austria (4%) e Belgio (3%). Oltreoceano, le mete più gettonate sono Stati Uniti (6%), Australia (5%) e Canada (3%). “L’elevata propensione degli italiani a spostarsi all’estero per dare una spinta alla propria carriera testimonia l’intraprendenza e la consapevolezza da parte degli italiani di un mondo del lavoro sempre più globale, ma rappresenta anche una spia di allarme sulle opportunità offerte dal mercato italiano”, commenta Marco Ceresa, amministratore delegato Randstad Italia.

Gli italiani non sono solo disponibili ad andare all’estero, ma sono ben disposti anche ad accogliere gli stranieri in Italia. All’80% dei nostri connazionali, infatti, piace lavorare con persone di diverse culture e il 74% pensa sia positivo assumere personale dall’estero se mancano le competenze necessarie, anche la percentuale scende al 60% se si propone l’inserimento di stranieri per sopperire alla mancanza di manodopera.

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