Premio Dematté 2015, cresce (e si diversifica) il private equity in Italia

Annunciati i 14 finalisti della 12esima edizione del riconoscimento dedicato ai soggetti attivi sul mercato italiano dell’investimento in capitale di rischio

Cresce e si diversifica l’attività di private equity in Italia. È questo uno degli spunti che emerge analizzando l’elenco dei 14 finalisti del Premio Dematté Private Equity of the Year, riconoscimento promosso da Aifi ed EY giunto quest’anno alla 12esima edizione. I nomi della short list sono quasi tutti italiani e coprono molti settori: dalla medicina rigenerativa alla prima infanzia, dal mercato automotive a quello cinematografico. Un dato che evidenzia il fermento dell’attività di private equity nel nostro Paese. Quest’anno le operazioni finaliste coprono settori eterogenei”, conferma il presidente di Aifi Innocenzo Cipolletta. “Ad esempio, nella categoria Buy Out abbiamo sette finalisti in sette differenti settori. Grazie al contributo dei fondi – aggiunge – in queste operazioni si è complessivamente registrato un incremento dei ricavi del 54%, nell’Ebitda del 73% e nel numero dei dipendenti del 91%.

I 14 finalisti

I vincitori

LA MIGLIORE OPERAZIONE DELL’ANNO. Le 14 operazioni che concorrono al premio Dematté, che sarà assegnato il 17 dicembre, sono state oggetto di disinvestimento tra agosto 2014 e luglio 2015. Il Private Equity of the Year prevede un riconoscimento nelle categorie Early Stage – investimento in capitale di rischio effettuato nelle prime fasi di vita di un’impresa (comprendente sia le operazioni di seed sia quelle di startup) , Expansion – investimenti di minoranza finalizzati a sostenere i programmi di sviluppo di imprese esistenti e Buy Out operazioni di acquisto dell’impresa da parte dei fondi di private equity in affiancamento con il management –. Tra i “papabili” il fondo 21 Investimenti Sgr, finalista in due categorie su tre con tre operazioni, come quella che l’ha visto protagonista in The Space Entertainment (finalista cat. Buy Out), circuito cinematografico interamente digitalizzato capace di creare valore industriale e di capitale in soli 4,5 anni dalla fondazione.

IL COMMENTO. “Nel periodo di tempo preso in esame, le exit dei Buy Out sono principalmente state secondary o add-on di società possedute da fondi internazionali”, commenta Umberto Nobile, Partner di EY. “Osservando queste operazioni, si legge chiara la volontà e la capacità dei fondi di guidare processi di crescita e di consolidamento. L’Expansion si conferma uno strumento efficace per sostenere lo sviluppo delle aziende (+163% medio dei ricavi tra investimento e disinvestimento) e una valida alternativa per finanziare lo sviluppo. L’Early Stage, che qualifica solo due transazioni, è il comparto che necessita una maggiore attenzione per aumentare la numerosità delle operazioni”.

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