Draghi, “C’è bisogno di imprese più grandi e globalizzate”

Nella sua analisi il governatore di Bankitalia sottolinea che la competitività delle piccole imprese “non basta più” e sul fronte lavoro segnala una forte disparità tra uomini e donne, la più alta d’Europa

In un mondo globalizzato e all’insegna dell’innovazione tecnologica anche uno dei punti di forza dell’economia italiana come la flessibilità delle piccole e medie imprese non basta più. Per concorrere a livello internazionale servono grandi realtà che possano sfruttare al meglio l’attività di ricerca e sviluppo. Mario Draghi, in uno dei suoi ultimi interventi da governatore della Banca d’Italia (in autunno sarà alla guida della Bce) fa una critica costruttiva al sistema imprese italiano. Un sistema produttivo, spiega il banchiere, che “non si è ancora bene adattato alle nuove tecnologie, alla globalizzazione”. Colpa, secondo Draghi, della diffusa proprietà familiare che “non è caratteristica solo italiana – spiega –, lo è invece il fatto che anche la gestione rimanga nel chiuso della famiglia proprietaria”. E questo è un grosso limite per le imprese: “la propensione a innovare è minore, l’attività di ricerca e sviluppo meno intensa ed è scarsa la penetrazione nei mercati emergenti”. La flessibilità, quindi, non basta più. Per sostenere la competitività “occorre un maggior numero di imprese medie e grandi”, sottolinea il governatore di Bankitalia, imprese in grado di accedere ai mercati internazionali e di sfruttare i guadagni di efficienza offerti dall’innovazione tecnologica. Lavoro e donne. Ma tra i problemi della crescita economica dell’Italia c’è anche quello delle retribuzioni e del mercato del lavoro: Draghi segnala le “modeste” dinamiche retributive, ferme nell’ultimo decennio che influiscono sulla domanda interna del Paese. Un problema collegato alle retribuzioni è anche quello dell’occupazione perché i contratti di lavoro a tempo determinato e parziale hanno sì innalzato il tasso di occupazione, ma con “un pronunciato dualismo”, creando così una vasta sacca di precariato, soprattutto giovanile, con scarse tutele e retribuzioni. Draghi critica poi la situazione delle giovani donne italiane che, spiega, “conseguono il titolo in minor tempo dei loro colleghi maschi, con risultati in media migliori, sempre meno nelle tradizionali discipline umanistiche. Eppure – aggiunge – in Italia l’occupazione femminile è ferma al 46%, venti punti in meno di quella maschile, è più bassa che in quasi tutti i Paesi europei soprattutto nelle posizioni più elevate e per le donne con figli; e le retribuzioni sono, a parità di istruzione ed esperienza, inferiori del 10% a quella maschili”.

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