Michele Crisci (Volvo Car Italia): “Lavoriamo per la città ospitale”

«Abbiamo e ci teniamo ad avere un rapporto stretto con la città di Milano», dice Michele Crisci, presidente di Vol­vo Car Italia. «Per noi Milano è esem­pio di urbanismo avanzato e per que­sto motivo abbiamo realizzato proprio qui il primo Volvo Studio europeo, un progetto innovativo che parla di mo­bilità sostenibile. Attraverso le attività in programma quest’anno e il progetto Milano Future City, al quale abbiamo deciso di dare sostegno, intendiamo raccogliere i frutti di quanto seminato lo scorso anno. Se nel 2018 gli incontri ospitati al Volvo Studio hanno sottoli­neato la necessità di cooperazione fra auto e ambiente urbano come esem­pio di pensiero avanzato per un futuro sostenibile, ora passiamo a mostrare nella pratica come questo possa avve­nire». Tutto molto bello, ma la doman­da che sorge spontanea è che una casa automobilistica dovrebbe lavorare per vendere più auto non per farne circo­lare meno… «Il futuro della mobilità aprirà la strada a nuovi modelli di bu­siness», spiega Crisci, «come la forni­tura di servizi digitali e la sostituzione del possesso dell’auto con il concetto di utilizzo legato, per esempio, al car sharing e noi stiamo affinando gli stru­menti per essere protagonisti di que­sto cambiamento».

Crisci, 52 anni, una laurea in Economia e Commercio conseguita a Bologna, mostra di essere un manager sen­sibile che non rinuncia a comprendere i mutamenti sociali e le nuove tenden­ze per trasformarli in potenziali oppor­tunità di mercato. Una sensibilità che deriva dall’amare i viaggi e la musica. Ha visitato New Orleans, Menphis, St Louis, le capitali del Soul, del Rock, del Pop, e mette il Blues sopra ogni cosa. Canta e suona ottimamente la chitar­ra e il suo artista preferito è Buddy Guy, l’ultimo gigante del Blues, che ha ascoltato nel suo locale a Chicago, il Buddy Guy’s Legends. Il suo sogno? Andare a suonare in uno dei locali nel quale il Blues è nato, nel Delta del Mis­sissippi. Gli piace cucinare, soprattutto a base di pesce. Si vede che il Dna del nonno, che faceva pane e pizza in un paesino della Campania, non si è per­duto. A sentir lui il suo cruccio mag­giore consiste nel fatto che nell’era del post-triplete la sua squadra del cuore, ovviamente l’Inter, gli ha dato ben po­che soddisfazioni. Così mentre la Juve macina scudetti si consola con le pia­cevolezze professionali. 

Oggi batte bandiera Volvo, ma qua­li sono le sue precedenti esperienze nel mondo delle quattro ruote?
Sono stato direttore vendite di Seat dal 1997 al 1999, poi ho ricoperto la stes­sa carica in Audi e dopo sono arrivato in Volvo per occuparmi di Italia e Gre­cia. Dal 2017 sono anche presidente di Unrae, l’Unione nazionale rappresen­tanti autoveicoli esteri. 

Basta una brillante carriera come la sua per essere affidabili sul mercato dell’auto?
No, devono parlare soprattutto i nu­meri. Ed eccone qualcuno: nel 2018 Volvo ha avuto un utile operativo, a li­vello mondiale, di circa 1,4 miliardi di euro, con i ricavi netti in crescita del 21%. E le auto vendute sono state più di 642 mila, con una crescita del 12,4% rispetto al 2017. 

E in Italia come vanno le cose?
Il primo trimestre del 2019 si è chiuso con una crescita del 37,8%, con 5.687 auto consegnate, e quello di Volvo è stato l’unico marchio di classe supe­riore a fare passi avanti mentre il mer­cato scendeva del 6,5%. 

Quali sono i modelli che hanno fatto da bomber in questa goleada?
Senz’altro il Suv compatto Xc40 con 1.700 vetture consegnate. Ma continua a piacere anche la V40, anche nella ver­sione Cross Country, che ha chiuso il trimestre a quota 1.300, seguita a breve distanza dalla Xc60. Quindi siamo ot­timisti e prevediamo di chiudere l’an­no superando le 22 mila unità vendute. 

La sicurezza è da sempre la vostra ban­diera. Oggi, però, sembra che ci sia poco da inventare, certe dotazioni tecnologi­che, anche avanzate, le hanno tutti…
A noi piace cercare di essere sempre un passo avanti. Ecco perché lo scorso marzo abbiamo presentato a Milano il progetto Eva. 

Michele-Crisci-Volvo-Car-Italia

Di che cosa si tratta?
È l’acronimo di Equal Vehicle for All e si basa sul concetto di sicurezza allo stesso livello per tutti gli occupanti dell’auto. Nel mirino ci sono gli effet­ti della velocità eccessiva, della distra­zione e della guida in stato di altera­zione psicofisica, perché riteniamo che un costruttore abbia il dovere di occuparsi di tutti i fattori che rendo­no insicure le strade, comportamenti di chi guida compresi. In estrema sin­tesi, puntiamo a eradicare la mortalità per incidenti sulle Volvo ma la tecnolo­gia, da sola, non ci porterà mai alla fati­dica quota zero. 

Quali sono i punti salienti del proget­to Eva?
Tutte le Volvo avranno la limitazione della velocità massima a 180 chilometri orari e potranno rallentare in automa­tico quando, per esempio, sono vici­ne a scuole od ospedali. Ed è previsto il monitoraggio della guida attraverso telecamere capaci di far intervenire gli automatismi di bordo se chi guida si distrae o è in stato di alterazione. Vo­gliamo anche riuscire a proteggere chi viaggia indipendentemente dal sesso, dalla corporatura o dal peso, superan­do il concetto di “persona media” uti­lizzato finora per realizzare i manichi­ni delle prove di impatto. 

C’è il rischio che presto vi copino tutti…
In un certo senso ce lo auguriamo, per noi la sicurezza è un dogma assolu­to. Ecco perché condividiamo le cono­scenze accumulate in 40 anni di ricer­che attraverso una biblioteca digitale accessibile a chiunque. 

Vuol dire che in teoria voi investite in ri­cerca e gli altri possono pescare a piene mani nei vostri risultati?
Alla base c’è lo stesso senso civico che ha guidato Volvo nel 1969, quando non ha brevettato le cinture di sicurezza a tre punti di ancoraggio mettendo­le a disposizione di tutti i costruttori. Un’operazione in perdita? Certamen­te non per il milione di persone che da allora sono state salvate. E poi sul piano dell’immagine abbiamo guada­gnato un patrimonio di credibilità in­commensurabile. 

Molti costruttori riempiono la loro co­municazione con l’elettrico, ma spesso si tratta di operazioni di pura immagine. Che cosa ci dobbiamo attendere da Volvo?
Il trend è ormai consolidato: i propul­sori diesel si vendono sempre meno e a marzo hanno perso un quarto dei volumi di vendita attestandosi al 45,2% del totale. In parallelo cresce la benzi­na, ma il futuro parla ben altra lingua. Ecco perché presto tutti i modelli del­la gamma Volvo saranno disponibili anche nella versione ibrida a ricarica plug-in. Il risparmio in termini di emis­sioni e di consumi è nell’ordine del 15% nel mondo reale, non in qualche improbabile test. 

E le elettriche dure e pure?
Ci vorrà qualche anno e si dovrà usci­re dall’impasse che porta all’assenza di punti di ricarica perché ci sono po­che vetture elettriche e alla diffiden­za dei potenziali acquirenti che hanno paura di trovarsi a secco di Watt. Co­munque ci sono due dati che parlano chiaro: a marzo i modelli a emissioni zero hanno pesato sul totale del mer­cato italiano per uno striminzito 0,3% ma hanno anche fatto segnare un cla­moroso +42,1% rispetto allo stesso mese dell’anno passato». 

Dici Volvo e pensi alla Svezia. Ma adesso la proprietà è saldamente nelle mani del gruppo cinese Geely e, tra l’altro, ave­te stabilimenti a Daquing e Chengdu…
I cinesi hanno avuto la saggezza di la­sciare che siano gli svedesi a gestire il business, i prodotti, le piattaforme e la distribuzione. Per quanto riguarda la produzione, i risultati parlano chiaro: c’è l’identica qualità delle linee euro­pee. Comunque, la domanda del Vec­chio Continente continuerà a essere soddisfatta a Torslanda e a Goteborg, naturalmente in Svezia. 

Intanto le S60 arrivano dagli Stati Uniti…
La nuova berlina è prodotta negli Usa perché in quel Paese le tre volumi han­no ancora un grande mercato. Poi è ibrida, una soluzione che piace sem­pre di più anche agli automobilisti a stelle e strisce. Ormai si deve ragio­nare in termini globali. Non per nien­te la mia Inter ha vinto tutto quando in campo andava una multinazionale del pallone ma non per questo era perce­pita come meno milanese… 

Ok, mi ha convinto, da lei comprerei una macchina. Ma quale mi consiglia?
Io non c’entro, ma Volvo è sponsor uf­ficiale dell’Inter. Dunque, se dovessi parlare da tifoso direi senz’altro una Xc90, quella che hanno scelto i gioca­tori nerazzurri Politano, Asamoah e De Vrij. Ma cerco di esse­re obiettivo, quindi dico: prenda il mo­dello che vuole, ma scelga un ibrido. Oggi come oggi rappresenta il com­promesso ideale tra mobilità sosteni­bile e realtà dei fatti.

Intervista pubblicata su Business People, giugno 2019