Adamuccio, Del Prete, Ferreri, Galeazzi, Muzio, Odolini, Squillace e Vallesi. No, non si tratta della formazione di una squadra di calcio, né dell’elenco parziale di un registro di classe. Sono i cognomi di otto famiglie che hanno deciso di mettersi insieme per fare impresa nel beauty retail, prima – nel 2013 – come consorzio d’acquisto e poi – dal 2017 – come gruppo di vendita, conquistando nell’arco degli ultimi tre anni l’8% del mercato italiano malgrado la concorrenza delle grandi catene internazionali. Per la loro “alleanza” hanno scelto la parola Naïma, che – oltre a essere l’anagramma di “anima” – in arabo vuol dire “beatitudine” e “gentilezza”. Una catena di 240 negozi sparsi per l’Italia, che si sono dati come presidente Stefano Biagi, e un direttore generale (braccio “armato” della distribuzione con un lungo passato in L’Oréal) Fabio Lo Prato. A Biagi, che vanta un curriculum decisamente beauty oriented – figlio di profumieri, poi approdato in Limoni e in seguito ai vertici del romano gruppo Muzio – abbiamo chiesto come e perché queste otto famiglie di retailer si siano alleate, scegliendo di rinunciare a parte della loro indipendenza di commercianti-imprenditori, per poter competere su un mercato diventato sempre più complesso.
Andiamo subito al dunque: perché otto famiglie, ciascuna proprietaria di varie profumerie in diverse aree del Paese, decidono di mettersi insieme?All’inizio, l’intenzione era di fare massa critica, per poter andare dai fornitori e strappare migliori condizioni commerciali. Partivamo già da un parterre di rilievo, nel senso che si trattava di famiglie storiche – ciascuna con un diverso territorio – che avevano in media 30 anni di tradizione nel beauty retail. E devo ammettere che l’idea è stata subito vincente: dalla nascita, nel 2013, del consorzio Profumerie d’Italia abbiamo tratto molti vantaggi. Quindi, tutti i soci erano più che contenti e soddisfatti. Solo che…
L’intervista continua sul numero di Business People gennaio-febbraio
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