Imprenditore Non Sei Solo: la onlus che rimette in piedi le aziende

È l’attività principale della onlus Inss, nata per aiutare i proprietari d’azienda in difficoltà, che in soli quattro anni ha cambiato il destino di centinaia di imprese italiane

Imprenditore-Non-Sei-Solo© iStockPhoto

La chiamano “responsabilità del sapere”, ossia quell’istinto a condividere con gli altri quanto si è imparato affinché possa andare a beneficio di tutti. Nasce da qui Inss – Imprenditore Non Sei Solo, la onlus fondata nel 2018 da Enrico Tosco e Paolo Ruggeri per dare un supporto agli imprenditori in difficoltà, fornendo formazione sul giusto approccio manageriale.

In appena quattro anni questa realtà associativa ha raggiunto numeri notevoli: oltre 29 milioni di euro il fatturato delle imprese supportate con l’aiuto garantito a 732 famiglie. E ancora: 657 uomini di business in difficoltà a cui è stata assicurata formazione e affiancamento con 250 volontari attivi.

Alle origini di Inss – Imprenditore non sei solo

«L’idea di questa associazione nasce dall’incontro tra i due fondatori che si sono ritrovati a condividere un’esperienza; la difficoltà delle loro aziende e il profondo senso di solitudine e abbandono che ogni imprenditore vive in questi momenti». Parola di Andrea Turrini, direttore generale e vicepresidente di Inss: «La responsabilità del sapere, per i nostri fondatori in primis e oggi per tutti noi del team, è quella di condividere un’esperienza positiva che si è vissuta con più persone possibili, perché solo così può esserci una crescita generale».

In fondo, è la catena virtuosa che si genera tra i membri di Imprenditore Non Sei Solo: quando qualcuno partecipa ai corsi di formazione, si lascia affiancare e aiutare, magari riesce a fare ripartire la sua azienda o sé stesso con altre prospettive professionali, ed ecco che corre a raccontarlo a qualche amico o collega. «Basterebbe conoscerli davvero questi imprenditori per capire di che pasta sono fatti, quanta anima e cuore mettono nelle loro imprese e quanto sono disposti ad aiutare gli altri. Peccato oggi vada tanto di moda continuare a demonizzarli», specifica Turrini. Al quale l’esperienza di Inss ha insegnato innanzitutto una cosa: «Quello dell’imprenditore è un lavoro vero e proprio», sottolinea, «un lavoro che richiede competenze e conoscenze. Il mercato di oggi è spietato da questo punto di vista: senza una professionalizzazione della figura dell’imprenditore, le aziende faticano a restare competitive».

Andrea Turrini, direttore generale e vicepresidente di Inss

Lezioni di imprenditorialità

In fondo, quel che Inss cerca di fare è proprio questo: fornire strumenti affinché l’azienda, a partire da chi la guida, possa ripartire. «Sì, ma sui giusti binari e laddove sia possibile», precisa Turrini. «Secondo quanto abbiamo rilevato la maggior parte dei nostri assistiti (circa l’80%) è in difficoltà per una mancanza di definizione di un piano finanziario adeguato allo sviluppo; per cui accade che i margini di guadagno non siano sufficienti a generare profitto». Ma non finisce qui, perché «è necessario lavorare anche sull’approccio mentale, che rappresenta il fattore determinante. Il primo in azienda a essere propenso ai cambiamenti e alla crescita deve essere l’imprenditore stesso; solo così si potrà innescare quella contaminazione positiva anche tra i suoi collaboratori che consente all’azienda di prosperare».

E così nasce il percorso proposto da Inss che «si focalizza in particolare nell’acquisizione di competenze utili alla gestione della leadership imprenditoriale, dato che il 70% degli assistiti presenta difficoltà evidenti nella gestione delle persone». Non mancano infine le lacune sul marketing digitale, dato che otto imprese su dieci non comprendono a fondo l’importanza della promozione online evitando di destinare parte del proprio budget a questo tipo di investimento.

Analizzato il problema, ecco la ricetta di Inss. «Proponiamo agli imprenditori che intercettiamo un percorso sul giusto approccio manageriale e su tematiche verticali», spiega Turrini. «Lo facciamo con classi che vanno da un minimo di 30 a un massimo di 100 partecipanti, e che si riuniscono in presenza con cadenza mensile nelle città italiane in cui siamo presenti, a partire da Bologna e Roma; fondamentale è l’impegno dei docenti volontari, formati mensilmente in collaborazione con la tecnologia di OSM (Open Source Management), la società di consulenza manageriale che mette gratuitamente a disposizione il suo programma di formazione imprenditoriale e rappresenta una delle realtà che maggiormente sostengono e supportano la onlus».

Classi di imprenditori a lezioni di managerialità da Inss

E se inizialmente il percorso di accompagnamento aveva una durata indeterminata, «da qualche tempo abbiamo deciso di inserire il limite di due anni per evitare che, trattandosi di un servizio gratuito, qualcuno si accomodi nell’area comfort. Noi vogliamo stimolare gli imprenditori a rimettersi in discussione, rimboccarsi le maniche e ripartire per camminare poi con le proprie gambe».

Gli output, come si dice in questi casi, sono sempre molto positivi: dall’imprenditore che riesce a far ripartire la sua azienda, magari con una diversificazione commerciale, a chi viene aiutato a ricollocarsi. Il modello di successo, relativamente alla mission di Inss, è testimoniato anche dal supporto di importanti realtà che hanno messo a disposizione risorse e finanziamenti come Fondazione di Venezia, U.S. Lecce, 4FIN, Toffoli Serramenti, Imprefocus, Nitesco International e 3Labs.

Le case history di successo

Le case history di successo sono la più grande soddisfazione che anima i promotori di Inss. Un esempio arriva da Bologna, dove nel 2019 il titolare di un’azienda metalmeccanica intercetta la neonata onlus. «Quando si è rivolto a noi, lo stato debitorio dell’impresa era molto importante e la perdita continua nel tempo», racconta Andrea Turrini. «Ci aveva conosciuto partecipando a un evento gratuito promosso sui social. Ha accettato di seguire il nostro percorso, si è messo molto in discussione, dopo tre anni è riuscito non solo a sanare il debito ma anche a fare ripartire l’azienda, che da 30 è passata a 80 dipendenti con una gestione completamente rivisitata».

Altra storia di ripartenza è quella di un imprenditore abruzzese attivo nel settore delle parafarmacie, la cui cattiva gestione lo aveva costretto a chiudere diversi punti vendita. «Quando ha iniziato a farsi aiutare, ha ben presto compreso dove fosse il problema e insieme a noi ha trovato la sua nicchia di mercato: un e-commerce che nel giro di due anni lo ha portato ad essere tra i top 50 venditori di Amazon in quel settore», riferisce Turrini.

Ma gli output positivi, per restare nel linguaggio manageriale, sono anche quelli in cui un imprenditore viene aiutato a chiudere un’azienda che non aveva più motivo di esistere. Capita in particolare con chi eredita la conduzione di un’impresa familiare, piccola o grande che sia. «Ho in mente due esempi», conclude Turrini, «quello di un’erboristeria e quello di un negozio di vetro di Murano a Venezia: in entrambi i casi, i titolari non avevano davvero quella spinta motivazionale a portare avanti l’attività senza la quale qualsiasi iniziativa si rivela inutile. Una volta capito questo, siamo intervenuti per aiutarli a ricollocarsi e a chiudere in maniera equilibrata, senza strappi dolorosi. Oggi è bello vederli più felici a fare altri lavori dove trovano la loro realizzazione».

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