Start up e Pmi innovative, arriva il sì del Governo alla sconto fiscale

Dopo tre anni di attesa, approvato finalmente il decreto che prevede detrazioni del 30% sugli investimenti fatti in imprese innovative

Chi sta pensando di scommettere su una start up, ora avrà un ottimo motivo in più per proseguire lungo questa strada. A distanza di due anni e mezzo dalla Legge di Bilancio 2017 del dicembre 2016, che per prima l’ha abbozzato, infatti, finalmente il Governo ha approvato il decreto che prevede uno sconto fiscale del 30% sugli investimenti fatti da persone o aziende in Pmi innovative (manca solo la pubblicazione in Gazzetta). E le buone notizie non finiscono qui: il decreto è retroattivo, per cui vale anche per gli investimenti fatti dal 2017 in poi. Le aziende innovative già avviate, dunque, possono tirare un sospiro di sollievo. Le detrazioni saranno pari fino a un milione di euro per le persone fisiche e a 1,8 milioni di euro per le persone giuridiche. Per accedere agli incentivi, occorre conservare per tre anni le quote ottenute con l’investimento: le aziende potranno anche spalmarli su più anni fiscali, fino a tre e fino al raggiungimento del massimale. “Il decreto attuativo di Mef e Mise sugli incentivi fiscali all’investimento in start up innovative e Pmi innovative è certamente positivo. Prima di tutto perché sblocca gli incentivi per le Pmi innovative che finora non erano potuti partire e in secondo luogo perché mette ordine su quelli destinati alle start up innovative” ha commentato Carlo Robiglio, presidente Piccola Industria e vice presidente Confindustria.

Che cosa sono le start up e le Pmi innovative

Ma che cosa si intende per Pmi innovative? Si tratta delle piccole medio imprese che sono costituite come società di capitali, anche in forma cooperativa, e non sono quotate in un mercato regolamentato (possono però essere quotate in una piattaforma multilaterale di negoziazione, come l’AIM). Inoltre, devono aver certificato il loro ultimo bilancio e devono rispondere ad almeno due dei seguenti tre criteri, che ne certificano il carattere innovativo: volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura almeno pari al 3% della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione; forza lavoro costituita, in una quota pari ad almeno 1/3 del totale, da titolari di laurea magistrale, oppure, in una quota pari ad almeno 1/5 del totale, da dottori di ricerca, dottorandi o ricercatori; titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale, ovvero titolarità di un software registrato.

Le startup innovative, invece, sono imprese nuove o costituite da meno di cinque anni (non prima del 18 dicembre 2012), con sede principale in Italia. Possono anche avere sede in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, ma in questi casi devono vantare comunque una sede produttiva o una filiale in Italia. Inoltre, la loro produzione deve avere un valore annuo inferiore a 5 milioni di euro; non devono mai aver distribuito utili; devono essere finalizzate allo sviluppo, alla produzione e alla commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; non devono essersi costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda. Infine, devono soddisfare almeno uno dei tre seguenti criteri: una quota pari al 15% del valore maggiore tra fatturato e costi annui ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo; una forza lavoro complessiva costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale; impresa titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato.

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