Pil a -0,7% nel 2016 senza il qe. E continua la fuga dei cervelli

L'analisi nel rapporto Istat presentato a Montecitorio, ma i segnali di ripresa si vedono con tanti lati oscuri

Senza il quantitative easing della Bce, il pil italiano sarebbe inferiore di 0,7 punti percentuali nel 2016. A dirlo è il Rapporto annuale 2015 dell’Istat presentato oggi a Montecitorio. «Gli effetti della mancata attuazione delle misure della Bce sarebbero quasi nulli nel 2015 (-0,1% per la precisione, ndr), mentre si manifesterebbero in misura consistente nel 2016», dice la ricerca. «Gli effetti negativi sui consumi delle famiglie e sugli investimenti si renderebbero visibili a partire dal quarto trimestre del 2015; solo nel 2016, inoltre, la riduzione della produzione inciderebbe sulla variazione dei flussi di esportazioni e importazioni». Invece le previsioni del governo sono di +0,7% per l’anno in corso e +1,4 nel 2016. La Banca centrale europea ha avviato lo scorso marzo il programma di acquisto di titoli di Stato, che andrà avanti sino a settembre 2016.

LAVORO E GIOVANI. L’occupazione torna a crescere di 88mila unità (+0,4%), ma «le differenze con l’Ue si accentuano per il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro, prosegue l’Istat. «Aumentano le persone interessate a lavorare, pur con un diverso grado di disponibilità e di intensità nella ricerca del lavoro. I disoccupati sono 3,2 milioni (+5,5% rispetto al 2013) e le forze di lavoro potenziali sfiorano i tre milioni e mezzo (+8,9%)». Sono invece spariti due milioni di lavoratori under 35 (-27%), a fronte di un calo della popolazione di circa la metà (947 mila). Tra questi tanti cervelli in fuga: «Tremila dottori di ricerca del 2008 e 2010 (il 12,9%) vivono abitualmente all’estero», spiega l’Istituto di statistica indicando soprattutto fisici, matematici e informatici come i più attirati, «la mobilità verso l’estero è superiore di quasi sei punti a quella della precedente indagine (7% dei dottori di ricerca delle coorti 2004 e 2006)».

SEGNALI DI RIPRESA. «Il quadro relativo al 2014 mostra per l’Italia ancora una flessione per l’attività economica», conclude lo studio, «dopo la forte contrazione del 2012 e 2013 (rispettivamente del 2,8% e dell’1,7%), il pil italiano in volume ha segnato lo scorso anno un’ulteriore riduzione, seppure di entità decisamente più contenuta (-0,4%); il livello è sceso al di sotto di quello registrato nel 2000. L’andamento dell’attività economica è risultato negativo per i primi tre trimestri e ha segnato una variazione congiunturale nulla nel quarto». Nel primo trimestre 2015, invece, secondo la stima preliminare, «il pil ha registrato un primo aumento congiunturale (0,3%) dopo cinque trimestri di variazioni negative o nulle. Il prodotto interno lordo risulta invariato su base tendenziale, mentre la crescita acquisita per il 2015 è pari a +0,2 per cento».

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