“Condono sì o no, patrimoniale sì o no e anche i ritocchi alle pensioni su cui c’è il muro della Lega. In pratica, il decreto sviluppo – annunciato quasi due mesi fa – è ancora un foglio bianco per la paralisi creata da fazioni contrapposte”. Con queste parole Il Sole 24 Ore di sabato 15 novembre ha evidenziato i problemi di un governo che ha sì riaffermato i numeri in Parlamento con il voto di fiducia, ma deve ancora sciogliere diversi nodi, soprattutto economici, che – senza una linea politica comune – rischiano di riportare l’esecutivo in acque turbolente. Il primo ostacolo è senza dubbio quello sullo sviluppo. Ad accennare qualcosa sui contenuti del ddl ci ha pensato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi: “Siamo intenzionati a rendere ancor più incentivato l’apprendistato e a incoraggiare il telelavoro soprattutto nel momento della nascita dei figli in una famiglia”, ma sono previste anche “misure di semplificazione per incoraggiare le assunzioni”. Il problema è che le riforme “a costo zero” per la crescita, annunciate più volte da Giulio Tremonti, non piacciono a molti esponenti della maggioranza; in giornata Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture e Trasporti, ha sottolineato come un decreto sviluppo senza risorse “è monco”, anche se “trovare le risorse non è facile”. Ma anche sulle date ci sono opinioni differenti e se il premier Silvio Berlusconi ha annunciato il provvedimento sul tavolo del Consiglio dei ministri entro venerdì 21 ottobre, il ministro Matteoli ha spiegato che sul decreto si sta ancora lavorando e “non è stata fissata una data”. Un altro problema del decreto sviluppo è sul fronte politico: gli ‘alleati’ del governo chiedono a gran voce di essere coinvolti nella realizzazione della legge: “Si faccia il decreto sviluppo con urgenza, anche a costo zero e vediamo le misure che contiene – ha dichiarato Francesco Nucara del partito repubblicano (Pri) – Se non verremo coinvolti sugli obiettivi del decreto, quella di venerdì rimarrà l’ultima fiducia accordata al governo Berlusconi”.Altra empasse da sciogliere – e di certo non meno importante – è quella relativa alla nomina del prossimo governatore di Bankitalia. Fra meno di due settimane Mario Draghi guiderà la Banca centrale europea e non è stato ancora trovato il suo successore. Qui si gioca la battaglia tra il capo del governo, che spinge per Fabrizio Saccomanni, e Giulio Tremonti, che vorrebbe assegnare la poltrona di via Nazionale a Vittorio Grilli (leggi di più). Infine c’è il rischio concreto di una nuova manovra correttiva che, ipotizzata dalla Bce per i Paesi ‘vulnerabili’, potrebbe diffondere altro malcontento all’interno di alcuni ministeri, già sottoposti a pesanti tagli dalla recente manovra di settembre.
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