Avviare un’impresa in Italia? Costa 50 mila euro

Cala l’importo medio per avviare un business, ma nel nostro Paese l’investimento richiesto resta tra i più alti al mondo. E per una start up, uno su tre deve ricorrere all’aiuto della famiglia

Per avviare un’impresa in Italia sono necessari 50 mila euro, circa 37 mila euro in più rispetto alla media internazionale. È quanto emerge dall’ultimo rapporto Global Entrepreneurship Monitor (Gem) sulla finanza imprenditoriale, uno studio che ha analizzato modelli di finanziamenti di nuovi business in tutto il mondo, rilevando che la crisi finanziaria globale ha lasciato un segno persistente sull’imprenditorialità in tutti i Paesi. Nonostante il fatto che il costo medio per avviare un’impresa sia sceso, gli autori spiegano che l’accesso ai finanziamenti è uno dei più gravi problemi per le imprese in molte economie, con le piccole e medie imprese in difficoltà sempre maggiori.

AUTOFINANZIAMENTO. Circa 60 paesi partecipano alla ricerca annuale del Global Entrepreneurship Monitor (Gem). L’ultimo rapporto sulla finanza imprenditoriale è stato pubblicato dieci anni fa. Da allora, la disponibilità di fondi, le fonti di finanziamento, nonché il costo di avvio di un’impresa sono molto evoluti: l’importo medio necessario per avviare un business nel 2004 era di 54.000 dollari e di 65.000 nel 2006. Nel 2015, l’importo medio è sceso a soli 13.000 dollari. In Italia, le cifre restano alte, con una media di 55.511 dollari necessari ad avviare un’impresa.Globalmente, il 95% degli imprenditori utilizza fondi personali per l’avvio di un’impresa. Israele e la Spagna riportano la più bassa percentuale di imprenditori che utilizzano il proprio denaro come fonte di finanziamento imprenditoriale (79%). Le percentuali di investimento di fondi personali variano notevolmente in funzione dei Paesi, da un minimo del 47% in Burkina Faso e in Senegal al 91% in Cina e al 98% in Indonesia. In Italia la percentuale sale al 96%; tra le altre fonti di finanziamento c’è la famiglia (30% dei casi), le banche (38%), agevolazioni governative (24,8%), ma c’è anche chi chiede sostegno ai dipendenti (9,3%).

GLOBAL ENTREPRENEURSHIP MONITOR

DONNE SVANTAGGIATE. L’uso delle risorse proprie, a volte chiamato “bootstrap”, nasce per lo più dalla necessità, ovvero quando gli imprenditori non possono garantire un finanziamento esterno alla propria società. “Questo è particolarmente vero per le donne imprenditrici, che si ritrovano ad affrontare delle disparità di trattamento da istituti di credito tradizionali, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo”, spiega Mike Herrington, direttore esecutivo di Gem.Le differenze di genere si estendono oltre al settore bancario. Ad eccezione di due Paesi, le donne imprenditrici riferiscono di aver bisogno di meno soldi per avviare un business rispetto agli uomini. In Canada questo divario di genere è il più alto, gli uomini riportano una somma per avviare un’impresa di 8,5 volte superiore rispetto alle donne.

DALLO SPORTELLO AL CROWDFUNDING. Le banche rimangono una fonte importante di finanziamento in tutte le regioni: un quarto di imprenditori in Africa, Asia e Oceania ne beneficiano, e ben un terzo degli imprenditori nel Nord America. I finanziamenti governativi svolgono un ruolo importante in Nord America e in Europa. Il rapporto Gem mostra inoltre che le forme tradizionali di finanziamento imprenditoriale vengono sempre più integrate da nuovi sistemi di prestito come il peer-to-peer lending, il crowdfunding, la microfinanza e le cooperative di comunità.

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