Mons. Giudici: rete made in curia

A Pavia il vescovo ha stretto una partnership con Confindustria per aiutare le aziende locali a emergere e resistere alla crisi. Ci racconta come e perché

Per tutti, ormai, è diventato il “vescovo bocconiano”. E pazienza se in realtà monsignor Giovanni Giudici, all’Università Bocconi di Milano, ha studiato lingue: sua Eccellenza si è comunque guadagnato questa fama sul campo, a colpi di opere a sostegno dell’imprenditoria e dell’industria locali.

Le prime due sono nate nell’autunno 2014: il Laboratorio di Nazareth, un ente specializzato nella formazione, e Amico lavoro, ossia un ufficio che aiuta a redigere i curriculum vitae.

Ma la scommessa più grande, che marca la differenza tra l’attività della curia pavese e quella del resto di quelle italiane, è arrivata a fine anno, con il lancio di Made in Pavia: un marchio multisettoriale volto al potenziamento e alla promozione delle eccellenze imprenditoriali locali, che vede per la prima volta unite la curia e Confindustria Pavia.

L’idea è tanto semplice quanto efficace: ispirandosi agli ideali della solidarietà e della sussidiarietà, Made in Pavia prova a dare vita a una rete di imprese che si uniscono per condividere sinergie, informazioni, know how, strategie di comunicazione, eventi.

Lo stesso comunicato di Confindustria Pavia recita: «Con il contratto di rete di cui all’art. 3 D.L. n. 5/2009 e successive modifiche, più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese, ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, o ancora a esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa ». Una sinergia che, come spiega il vescovo Giudici, non sarebbe però possibile se non si basasse su un cammino comune e su ideali di cui la curia si è fatta promotrice.

Chi ha aderito

Come è nata questa partnership tra Confindustria e curia? Durante le visite pastorali, più di una volta mi sono imbattuto in brillanti aziende, in veri gioielli dell’imprenditoria, che tuttavia non riuscivano a emergere e ad avere voce sul territorio. Chiacchierando con i dirigenti delle industrie, ci siamo quindi domandati cosa potevamo fare per rendere più visibili, e al contempo maggiormente produttive, queste realtà.

C’è chi potrebbe storcere il naso davanti a questa partnership. Non teme di essersi preso una bella gatta da pelare? (Ride) È che non posso ignorare quello che vedo sul territorio. Inoltre penso che il lavoro sia oggi un tema drammatico: ce n’è poco e quelli che vogliono entrare in questo mondo ne rimangono ai margini per anni. Di riflesso questo solleva altri dolorosi problemi, legati ai temi della famiglia, della casa, dell’autosufficienza…

Capisco: non può restare a guardare. Ma all’interno di Made in Pavia, qual è esattamente l’apporto della curia?Siamo la scintilla iniziale di una luce di fiducia reciproca. La recessione spinge, infatti, ciascuno nella propria garitta, a curarsi solo del proprio mestiere e a guardare gli altri a distanza, per non dire con rivalità. Il nostro tentativo è invece quello di dire: siamo in mezzo a voi e garantiamo un senso di fiducia reciproca, che poggia sulla condivisione di un cammino comune. Conosciamo queste persone, abbiamo visitato le loro imprese e abbiamo ragionato con loro. Fidiamoci pertanto l’uno dell’altro!

Effettivamente vi proponete di condividere risorse strategiche per le aziende. In nome di quali vision di mercato? Le imprese di Made in Pavia condividono i valori della responsabilità sociale e della sussidiarietà. Questo implica che ciascuna realtà imprenditoriale s’impegni un po’ a rappresentare anche le altre appartenenti alla rete, sia in Italia che all’estero. Il che probabilmente, in prospettiva, porterà qualche risparmio di scala… Inoltre questa vision comune comporta l’impegno a prendere qualche ragazzo in azienda, sfruttando un’altra nostra iniziativa: Compra lavoro.

L’OBIETTIVO E’ CREARE SINERGIE

PER ACCRESCERE CAPACITA’ INNOVATIVA

E COMPETITIVITA’ SUL MERCATO

Di cosa si tratta? Abbiamo organizzato una raccolta fondi e dato vita a un sistema di voucher per offrire ore di lavoro: grazie alle donazioni raccolte, un’azienda può prendere una persona in prova per quel periodo già coperto dal voucher. Dopodiché sarà libera di tenere o meno la persona. Non solo. I candidati di Compra lavoro hanno seguito i nostri corsi di formazione. Questo vuol dire che quando ci presentiamo alle aziende, non diciamo: «Assumilo perché ha bisogno », ma «Assumilo perché ha questo curriculum, ha seguito questi corsi e perché puoi vederlo lavorare da vicino per qualche giorno, essendo le ore pagate dal voucher».

Ci sono dei passaggi nel Vangelo che potrebbero ispirare gli imprenditori a far meglio, sia per se stessi che per gli altri? Nel Vangelo torna spesso il tema della responsabilità personale, relativa ai doni ricevuti e all’impegno di utilizzare bene le proprie risorse e capacità. Il secondo aspetto molto importante è il tema dei poveri: coloro che non hanno casa, gli emarginati urbani… Ma esiste anche una povertà umana di chi non riesce a impostare una vita. Infine, il Vangelo ribadisce che la ricchezza non può essere fine a se stessa, altrimenti diventa «mammona». Purtroppo, qualche volta per gli imprenditori è come se ci fosse una disparità tra i soldi che tengono per loro, e per le proprie famiglie, e i soldi che si giocano nell’azienda.

Può esistere dunque un mercato etico? Certo, anche perché l’etica è la verità della persona umana. Ci deve essere, insomma, una percezione della propria intelligenza e della ricchezza, che non le riduce a merci da vendere, ma a doni ricevuti e da spartire. Questo, per esempio, spingerebbe le aziende a non delocalizzare in nome di guadagni poco più alti di quelli che realizzano in patria, e a privilegiare l’Italia per sostenere le famiglie dei lavoratori.

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