Cfo termometro della crisi di un Paese

Per il ruolo stesso che rivestono, i Chief Financial Officer sono in grado di formulare una visione attendibile della salute delle imprese e, quindi, di una nazione. Cosa aspettarsi sul fronte di ricavi, occupazione, investimenti e priorità

La pandemia ha avuto effetti a dir poco importanti sul business delle imprese europee e non solo. Molti sono evidenti, altri probabilmente appariranno più chiari solo a distanza di tempo. Ma se c’è qualcuno che più degli altri può aiutare a comprendere le conseguenze del Covid-19 per le aziende, quel qualcuno sono sicuramente i Chief Financial Officer, ossia coloro che per il ruolo stesso che rivestono devono tenere sotto controllo i conti ed elaborare previsioni per il futuro della propria società. Loro sono il vero termometro della crisi ed è per questo che risultano particolarmente interessanti i risultati dell’ultima edizione dell’European Cfo Survey di Deloitte, pubblicata a fine 2020: una fotografia chiara degli impatti del coronavirus su fattori chiave come aspettative di ricavi, piani occupazionali e aree di investimento cui le imprese stanno dando e daranno priorità.

Ricavi: andamento e aspettative

Come prevedibile, l’andamento della domanda resta una delle principali preoccupazioni dei Cfo e a distanza di un anno la maggior parte delle aziende deve ancora tornare al livello di fatturato pre-epidemia. Guardando al report di Deloitte emerge, infatti, che se in Italia già nell’autunno 2020 il 21% delle imprese operava a livelli pre-Covid o superiore (in Europa la percentuale sale al 23%) e il 16% prevedeva di tornarci entro la fine dell’anno (13% in Ue), ben il 45% ritiene invece di dover attendere la seconda metà del 2021, se non addirittura il 2022, per tornare su quei livelli di entrate (in Europa la percentuale è del 44%). Inutile dire che i pareri più negativi in tema di ripresa arrivano dal settore turismo e viaggi, tra i più colpiti, ma anche nei trasporti e nella logistica la maggioranza dei Cfo europei (54%) prevede di dover attendere fine anno o addirittura il prossimo per superare la crisi. Diverse le prospettive di altri settori più “fortunati”, come le Life Sciences, con circa la metà dei Cfo europei che affermava di aver già raggiunto i livelli pre-Covid nell’autunno scorso o prevedeva di farlo entro la fine del 2020. Non solo, anche il 34% dei Chief Financial Officer europei del retail dichiarava già a ottobre di operare a livelli pre-crisi.

Forza lavoro: che fine farà l’occupazione?

Tra le principali preoccupazioni per il futuro prossimo del Vecchio Continente c’è senza dubbio quella per i livelli di occupazione. Un calo della forza lavoro sarà inevitabile, soprattutto in certi settori, ma la buona notizia è che rispetto a quanto dichiarato a inizio pandemia, lo scorso autunno i Cfo si sono dimostrati un po’ meno pessimisti: la percentuale di coloro che prevedevano un calo nei successivi 12 mesi è passato dal 47% di marzo al 41%. Certo, le aspettative in merito alle assunzioni non sono distribuite in modo uniforme, con le previsioni dei Cfo dei settori viaggi, turismo e auto generalmente negative. Nel complesso, in Italia il 22% dei direttori finanziari prevede di aumentare la forza lavoro nella propria azienda nel corso dl 2021, mentre il 34% mette in conto una sua diminuzione.

Questo articolo è parte dell’inserto dedicato al ruolo dei Chief Financial Officer in azienda, che puoi trovare all’interno di Business People, aprile 2021.

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Investimenti indietro tutta

Nella prima metà del 2020, l’economia europea ha registrato la più profonda contrazione dalla II Guerra mondiale. In seguito, l’attività produttiva in Europa si è ripresa rapidamente durante l’estate, determinando un aumento graduale della fiducia dei Cfo europei. Tra agosto e inizio ottobre, infatti, la metà di loro ha riferito di sentirsi più ottimista sulle prospettive finanziarie della propria azienda, rispetto ai mesi precedenti. La fiducia è migliorata in tutti i Paesi presi in esame, anche se in Italia i Cfo pessimisti sono più numerosi (41%) rispetto a quelli ottimisti (37%). Il fatto è che il percorso di ripresa dell’economia rimane ancora oggi poco chiaro e i licenziamenti in arrivo una volta finito il blocco imposto dal governo potrebbero provocare un calo della domanda interna, che di fatto rimane una delle prime preoccupazioni per i responsabili finanziari delle imprese, anche in Italia. Le intenzioni di investimento rimangono dunque modeste in tutta Europa, con il 38% dei Cfo che prevede di ridurre le spese nei prossimi 12 mesi (41% in Italia), contro il 26% che prevede di aumentarle (22% in Italia).

Priorità per il 2021

Ma quali sono le priorità di spesa dei Cfo? Se c’è una cosa ormai assodata è che, pur rallentando la crescita economica, la pandemia ha però accelerato l’ascesa dell’economia digitale: circa il 60% dei direttori finanziari afferma, infatti, di voler investire di più nel miglioramento dei processi aziendali con l’automazione (50% in Italia), mentre il 47% intende aumentare i propri investimenti in software, dati e reti IT (48% in Italia). A fine 2020 la digitalizzazione è stata indicata come una delle principali priorità strategiche in quasi la metà dei Paesi, mentre solo un anno fa lo era appena per un quinto di essi. Le altre strategie prioritarie risultano il controllo e contenimento dei costi (94%) e il focus su una crescita organica.

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