Connettiti con noi

People

Laboratoire Native: investimenti su tutta la filiera

Durerà tre anni il processo di riposizionamento e rafforzamento dei marchi del gruppo e, spiega Andrea Magnaguagno, General Manager per l’Italia, la sostenibilità sarà un driver centrale dell’intero progetto

«La nostra mission è prima di tutto quella di creare prodotti efficaci e di farlo in modo sostenibile». Parola di Andrea Magnaguagno, General Manager della filiale italiana di Laboratoire Native, un gruppo internazionale con un fatturato globale di oltre 150 milioni di euro, attivo in 40 Paesi e con oltre 42 mila punti vendita nel mondo. È una visione chiara che mette l’investimento in sostenibilità al primo posto nei prossimi anni, perché oggi questo non è solo uno dei tanti obiettivi delle aziende, ma il vero driver centrale di crescita di lungo periodo. «Per la cosmesi è una sfida da cogliere come incentivo all’innovazione, non limitandosi a singoli aspetti, ma coinvolgendo l’intera filiera: dagli ingredienti delle formulazioni, al packaging, fino al trasporto e alla fase d’uso del prodotto».

Un impegno notevole, per l’intero gruppo e per la sede italiana. Sì, perché l’Italia è la prima filiale in termini di fatturato e storicamente è sempre stata un mercato strategico, di grande focus e investimenti per il gruppo internazionale, nato nel 2020 dall’acquisizione di Alès Groupe e della maison Roger&Gallet. Il nome Native nasce proprio dalla volontà di affermare l’identità dei brand e la loro storia, adattandosi ai nuovi bisogni delle consumatrici di oggi e di domani.

Due parole sui vostri brand… A Laboratoire Native fanno capo gli storici e consolidati marchi Lierac, Phyto, Roger&Gallet e il recente lancio Jowaé. Quattro brand complementari, nati dall’intuizione di uomini visionari, che hanno lasciato il segno nella loro epoca, con un punto in comune: proporre prodotti di alta tecnicità, associando il meglio di scienza e natura. Lierac è lo skincare di riferimento nell’anti-età sinonimo di medicalità, femminilità e lusso dal 1975; Phyto è l’haircare naturale dalle origini, nelle formule dal 1969 e Roger&Gallet è l’arte della toiletries francese da oltre 150 anni, mentre Jowaé, è nato nel 2017 per rispondere alle esigenze di una consumatrice giovane alla ricerca di una skincare naturale e accessibile. E per il rilancio dei brand il gruppo ha messo a punto un piano di investimenti in infrastrutture e innovazioni per anticipare modelli di consumo in sempre più rapida evoluzione.

La sostenibilità ha sempre dei costi, ma è un volano del business. Vale anche per la cosmesi in generale e per voi in particolare? La mission di Laboratoire Native è prima di tutto quella di creare prodotti efficaci, e farlo in modo sostenibile. Una visione chiara che mette l’investimento in sostenibilità al primo posto nei prossimi anni, seguendo l’evoluzione di un consumatore, per cui l’impegno ambientale diventa un valore e un dovere essenziale per l’azienda.

Questo a prescindere dalla pandemia? La pandemia ha accelerato l’attenzione all’ambiente, che negli ultimi anni è stata sempre più centrale, rendendola tema caro non solo a una fetta di consumatori, ma a tutti, in quanto sinonimo di responsabilità sociale. L’investimento in sostenibilità diventa dunque per noi un investimento di lungo periodo nell’equity aziendale, per creare valore.

Può dirci quali investimenti farete in questa direzione? Il 2022 sarà un anno chiave per il gruppo che vedrà l’inizio di un processo di riposizionamento e di rafforzamento di immagine dei nostri marchi, rimanendo aderenti alle loro peculiarità storiche, ma rinnovandosi per stare al passo con il consumatore di oggi e di domani. Un processo di lungo periodo che impegnerà l’azienda nei prossimi tre anni, partendo da formulazioni esclusive che associno il meglio degli attivi frutto della natura e della scienza, in dosi ottimali, senza compromessi tra efficacia, sicurezza e sostenibilità; e poi con nuovi packaging che abbiano un approccio sostenibile nei materiali di composizione, ma anche con tecnologie ricaricabili per consentire il riutilizzo nel tempo. Il tutto in una filiera produttiva che riduca al minimo l’impatto ambientale.

Quali sono le priorità green del settore della cosmesi? Oggi la sostenibilità non è più solo uno dei vari obiettivi delle aziende, ma un vero driver centrale di crescita di lungo periodo. Per la cosmesi ancor di più questo diventa una sfida da cogliere come incentivo all’innovazione, non limitandosi a singoli aspetti, ma coinvolgendo l’intera filiera: dagli ingredienti delle formulazioni, al packaging, fino al trasporto e alla fase d’uso del prodotto. Un processo che passa per la misurazione dell’impatto ambientale dell’intero processo produttivo e distributivo, fino all’utilizzo e allo smaltimento. Il monitoraggio continuo può, infatti, aiutare a fissare obiettivi di medio e lungo periodo raggiungibili e verificabili e a comunicare i propri traguardi in modo trasparente al consumatore.

I prodotti naturali non dovrebbero essere più sostenibili degli altri per definizione?Non bisogna confondere il concetto di prodotto naturale con prodotto sostenibile: in questo molte aziende internazionali stanno spianando la strada attraverso un linguaggio di comunicazione talvolta provocatorio che, in ottica di trasparenza, educa il consumatore a conoscere quali sono le pratiche realmente etiche. Anche perché davanti a un consumatore sempre più evoluto, il rischio di essere accusati di greenwashing è dietro l’angolo.

Chi dovrà affrontare i costi della riconversione? Probabilmente la vera domanda da porsi è: quale sarebbe il costo della mancata riconversione? Oggi perché le pratiche di sostenibilità portino benefici di lungo periodo, è necessario un impegno collettivo, in cui tutti gli attori facciano la loro parte per creare una catena virtuosa. Sicuramente un grande ruolo è nelle mani delle aziende a livello internazionale, le cui scelte strategiche possono fare la differenza, ma la direzione di tali scelte è spesso vincolata da ingenti costi. Questi possono essere facilitati solo da sistemi economici sempre più evoluti, che premino realmente le pratiche sostenibili e le favoriscano con sempre maggiori agevolazioni. La strada negli ultimi anni è stata sicuramente aperta, ma tanto è ancora il lavoro da fare per poter avanzare in tempi sempre più rapidi, che si parli di materie prime o processi da adeguare. Non bisogna poi dimenticare il ruolo centrale dei consumatori, perché le loro scelte sono quelle che fanno davvero la differenza nel dettare i trend del futuro. La maggior informazione e consapevolezza negli acquisti dovrà portare sempre più a rivedere il ranking dei trigger motivazionali verso l’acquisto, dando al valore generato e al riutilizzo dell’oggetto un peso sempre più centrale, a scapito di una scelta di pura convenienza economica. Anche in questo caso il processo è già iniziato e le nuove generazioni, sempre più, stanno mostrando di saperlo valutare.