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Gusto

Grappa, mon amour

Da bevanda per forti bevitori a piacere per appassionati raffinati: il nostro distillato più celebre è in continua evoluzione qualitativa e affascina un pubblico sempre più ampio

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Solo in Italia si può produrre grappa, caso unico al mondo di distillato da materia quasi solida, le vinacce. Si tratta, dunque, di una delle tante acqueviti possibili (alla pari di quelle da frutta, cereali, canna da zucchero…), ma è l’unica che può chiamarsi così, perché rappresenta un nostro patrimonio acquisito. La sua inimitabile varietà e ampiezza di gusto deriva proprio dalla miriade di vitigni e uve coltivate in Italia, il patrimonio ampelografico più vario al mondo, secondo solo alla Georgia come varietà. I caratteri particolari dei suoi aromi si fondano su intensità e ampiezza aromatica, che nel corso degli anni i suoi interpreti hanno imparato a modulare con la tecnica di distillazione e affinamento, oltre che attraverso la scelta delle uve.

Tra le più immediate e distintive ci sono le grappe giovani o bianche, conservate in contenitori diversi dal legno e quindi in grado di trasmettere le note varietali tipiche del vitigno. Tra queste ricadono quelle più note, con famiglie da sempre impegnate nel settore come i Poli di Schiavon (Vi), specializzati in grappe delicate al palato contenute in bottiglie ben riconoscibili, declinate in una miriade di gusti e aromi ben leggibili. Famosissima la Sarpa, che in dialetto Veneto significa “vinaccia”, da uve Merlot e Cabernet, che ha un aroma floreale e delicatamente erbaceo. O la Bonaventura Maschio, molto nota per le Primeuve (acquavite di Uva), ma che è da sempre impegnata nel realizzare prodotti godibili, freschi e immediati come la fortunata serie Grappa 903, con note floreali e fieno accompagnati da note di mele cotogne e pere selvatiche.

LA DEGUSTAZIONE DEVE

PRESTARE ATTENZIONE

ALLA FASE OLFATTIVA

E SI BASA SULLE SUE DIVERSE

SENSAZIONI VOLATILI

Ci sono poi le grappe invecchiate, protagoniste di un recente boom commerciale, ossia quelle che hanno soggiornato per un periodo più o meno lungo in fusti di legno di rovere, frassino o altre essenze legnose, acquistando caratteristiche diverse da quelle che avevano all’uscita dall’alambicco, ma soprattutto più morbide rispetto a quelle giovani. Esempi meravigliosi sono le realizzazioni di Stefano Bottega con la sua Riserva Privata. E se nei rifugi alpini e in molti bar si trovano ancora le grappe aromatizzate (ottenute per mezzo della macerazione con piante officinali) quelle che tutti chiedono spesso sono quelle cosiddette “aromatiche”, cioè derivanti da varietà di uve il cui particolare aroma viene trasmesso al distillato (di moscato, di malvasia, ecc.).

Esistono infine le tipologie note come monovarietali, che utilizzano un solo tipo di vinaccia, quelle blended, dove la varietà di uve è più di una, e quelle a denominazione geografica che garantisce l’origine delle vinacce. Tra le monovarietali le più coinvolgenti sono quelle da vitigni aromatici come il Gewurztraminer e il Muller Thurgau. Per assaggiarne di magnifiche recatevi in Alto Adige da Roner a Termeno (Tramin) e cercate quella da Gewurztraminer: troverete nel bicchiere note di rosa, geranio, lytchee, in grado di abbinarsi a crostacei, formaggi delicati oltre ai classici dolci o biscotti. Sempre in Alto Adige vale una visita anche Florian Rabanser con la sua Zu Plun a St Valentin Seis (Bz), mentre se vi spostate in Trentino fate visita a Bepi Tosolin, distillatori dal 1870, assaggiando la sua fruttatissima grappa di Teroldego. Storica è, in Friuli, la produzione di Nonino a Pavia di Udine (Ud), che ha reso famoso in tutto il mondo la Grappa Cru di Picolit, un raro vitigno per vini dolci friulani. Nonino è stata la distilleria che ha letteralmente inventato questa tipologia, registrando il termine “monovitigno” nel 1973 e da allora la gamma si è allargata e raffinata con una cura incredibile di ogni prodotto. Per esempio, provate quella monovitigno Merlot, vincitrice di numerosi premi internazionali per la sua freschezza mista a dolcezza, fruttato di bosco e note balsamiche.

Una grappa incantevole e sempre aromatica è quella di Romano Levi a Neive (Cn), ottenuta da uve Moscato da una distilleria a fuoco diretto con alambicco a ciclo discontinuo e con le famose etichette disegnate a mano. Tra le più pregiate quelle legate a vinacce di uve Docg pregiate, come quelle di Marolo, che distilla proprio nel cuore delle Langhe e realizza un numero molto limitato di bottiglie. Se riuscite a trovarle, la serie di Grappe di Barolo prodotte nel 2014 sono un paradigma di raffinatezza e carattere langarolo con note di mela rossa e toffee, che in bocca esplode con note di rosa thea e spezie, fresca e godibile anche se l’etichetta dice 50% di gradazione alcolica. Vini o vitigni molto rari o pregiati, di produttori spesso famosissimi prendono spesso la via della Distilleria Vittorio Capovilla a Rosà (Vi) che, nonostante sia celebrata come il più noto distillatore di frutta al mondo, produce anche una grandiosa grappa di Bassano, con vinacce provenienti esclusivamente dal territorio bassanese, senza contare la grappa dalla Ribolla Gialla di Josko Gravner, produzione limitatissima.

La degustazione di una grappa, rispetto a quella classica del vino, presta molta più attenzione alla fase olfattiva e si basa ovviamente sulle sensazioni derivanti dagli elementi volatili che sono tantissimi come quantità. In bocca, infatti, la grappa produce al palato un misto di sensazioni dolci, acide e amare in varia proporzione a seconda del prodotto. Per degustarla al meglio ci sono aziende come Bonollo, autore della famosa grappa invecchiata Of Amarone Barrique, che hanno creato bicchieri specifici sia per le grappe giovani, in genere con forma simile a un tulipano, sia per quelle invecchiate, per le quali si può utilizzare un ballon più ampio come Mongolfière Of Bonollo, un calice in vetro cristallino di Bohemia progettato e realizzato interamente a mano. Attenzione, in ogni caso, a non versare troppo distillato nel bicchiere e a non avvicinare troppo il naso: la sensazione alcolica molto forte potrebbe danneggiare temporaneamente le mucose, impedendovi di percepirne le note distintive.

Le grappe giovani vanno servite a una temperatura compresa tra i 9 e i 13° C, mentre le invecchiate richiedono circa 17° C per permettere la piena percezione dei toni derivati dal soggiorno in botti di legno. Anche se la grappa “nasce” dopo la doppia distillazione attorno ai 60-65% di alcol, viene spesso diluita fino a 40°-42°, il livello ottimale al quale gli aromi vengono esaltati e non sovrastati dall’alcol, almeno nella maggior parte dei casi. Per esempio, la Domenis 1898 (Cividale del Friuli, Ud) con il duo Storica Nera e Storica Bianca e la Nardini con la Riserva 15 anni, offrono prodotti ad alta gradazione con un equilibrio splendido e armonico che sarebbe danneggiato da una diluizione maggiore. Insomma, se è vero che per anni la qualità è stata messa da parte a favore di una produzione copiosa, veloce e poco curata, oggi tanti produttori hanno capito che devono reinventarsi e investire su una maggiore artigianalità e cura. La grappa ha ormai un nuovo volto, sta a voi scoprirlo (con moderazione!), bicchiere dopo bicchiere.