Onlus Cloros: un piccolo grande aiuto

Dal 2014 la veronese Cloros, con la collaborazione di Avsi, ha avviato in Mozambico un progetto che prevede la distribuzione di stufe ad alta efficienza energetica. Per sostenere la popolazione locale e anche l'ambiente

I fumi tossici che inquinano gli ambienti domestici mietono più vittime di malaria e della tubercolosi. Da qui al 2030 il loro numero è destinato a raggiungere 1,5 milioni di persone l’anno, perlopiù donne e bambini. Sono le previsioni dell’Oms a dirlo, aprendo uno squarcio su una realtà fin troppo sconosciuta nel mondo occidentale. Pochi, infatti, sanno che il 38% della popolazione globale – circa 2,6 miliardi di persone – ancora cucina i pasti sul fuoco all’interno delle abitazioni, provocando danni enormi all’ambiente e alla salute di chi ci vive. Dal “three stone fire” (tre legni appoggiati a terra e la pentola messa sopra) alle stufe artigianali ad alta dispersione energetica, i metodi utilizzati sono quanto di più inefficiente si possa immaginare, con effetti collaterali gravi: dalle intossicazioni all’inquinamento, fino al rischio incendi.

Non nasce, quindi, a caso l’iniziativa messa in campo in Mozambico da Cloros, azienda veronese specializzata in servizi di efficienza energetica e sostenibilità, che all’inizio del 2014 ha avviato il progetto Improvement Cooking Stoves in Maputo, realizzato con il contributo tecnico della sua partecipata Carbon Sink e con la decisiva collaborazione di Avsi, ong presente da molti anni a Maputo, dove circa 800 mila persone su 1,1 milioni di abitanti vivono in povertà. Nello specifico, questa iniziativa consiste nella distribuzione di 15 mila sistemi di cottura efficienti a 7.500 famiglie (due per ognuna, per un totale di 35 mila persone coinvolte) dei quartieri Chamanculo C e Xipamine della capitale del Mozambico, zone caratterizzate da un’alta densità di popolazione e condizioni igienico- abitative critiche, oltre che dalla mancanza dei servizi di base. È proprio in quei quartieri che la maggioranza della popolazione (circa il 95%) per cucinare si serve di stufe a bassissima efficienza energetica, alimentate da carbone, con un costo medio mensile per famiglia stimato in circa 700 meticais (pari a 27 dollari).

«L’acquisto del carbone per cucinare rappresenta il loro costo principale per il sostentamento (il reddito medio mensile è sui 250 dollari, ndr)», spiega Riccardo Caliari, a.d. di Cloros. «Per questo abbiamo pensato di dotarle di una piccola stufa funzionante a carbone, con una griglia sopra la quale si appoggiano le pentole. Le Cooking Stoves sono realizzate da un produttore statunitense con materiale refrattario che mantiene il calore, così per cucinare gli stessi cibi di prima ne occorre molto meno». Avviato nel gennaio 2014 e con una durata prevista di sette anni, il progetto sostenuto ha obiettivi ambiziosi: si va dalla riduzione fino al 50% del consumo di biomassa utilizzata per cucinare, all’eliminazione di circa 3 tonnellate di CO2 all’anno per famiglia, fino a un risparmio economico nell’acquisto di carbone che per ogni nucleo dovrebbe aggirarsi attorno ai 190 dollari annui. «Ma soprattutto», aggiunge Caliari, «significa una drastica riduzione degli effetti nocivi delle inalazioni dei fumi derivanti dalla combustione del carbone e dei processi di deforestazione, grazie al minor bisogno di legna».

Tra gli obiettivi c’è una drastica riduzione

degli effetti nocivi delle inalazioni dei fumi

derivanti dalla combustione del carbone

La scelta di accendere i riflettori sul Mozambico è stata dettata innanzitutto dal fatto che tali progetti internazionali certificati possono essere implementati esclusivamente nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Dopodiché, «per avviare un’iniziativa del genere», sottolinea Caliari, «occorre essere ben radicati sul territorio coinvolto, cosa che un’impresa privata come la nostra non può fare. Per questo abbiamo trovato un partner come Avsi». L’ong, dal canto suo, già da tempo ragionava sulla necessità di coinvolgere le famiglie dei quartieri poveri per un utilizzo più consapevole e sicuro dell’energia. «Il problema delle emissioni di CO2 è una questione globale», prosegue Caliari, «tant’è che le normative e le metodologie di calcolo dei risparmi di gas a effetto serra sono gestite direttamente dall’Onu, nello specifico dell’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change), che ha già certificato il nostro progetto a Maputo».

Che gli obiettivi in parte siano già stati raggiunti lo si è potuto appurare verificando i miglioramenti concreti nella vita delle prime 5 mila famiglie che hanno ricevuto gli innovativi sistemi di cottura. «Il nostro progetto», chiosa l’a.d. di Cloros, «si basa sul principio della compensazione delle emissioni di CO2, ma non intende limitarsi al valore ambientale. C’è, infatti, anche una valenza sociale, dettata dal fatto che queste famiglie vengono educate a un utilizzo più consapevole della stufa e del suo sistema di cottura, e un valore economico. Non nascondo che il successivo passo potrebbe essere quello di creare le condizioni affinché le Cooking Stove possano essere prodotte, almeno in parte, direttamente a Maputo, così da creare ricchezza per il territorio». Nel frattempo, è già nata una micro-cooperativa incaricata di curarne la distribuzione.

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