Ue, Renzi: coraggio e orgoglio le parole chiave del semestre italiano

Il discorso, a braccio, sottolinea l’importanza di ritrovare l’anima dell’Europa, puntando sul rispetto del Patto di Stabilità ma anche sulla crescita e lo sviluppo

Si diceva che, per il suo discorso inaugurale al Parlamento Ue, Matteo Renzi avrebbe letto un intervento scritto, attenendosi a questo. Invece, all’ultimo momento, il premier ha preferito la formula a lui più cara: l’improvvisazione. Il suo è stato dunque un discorso a braccio lungo 18 minuti: ammiccante, smart e non privo di qualche battutina. «Se l’Europa facesse oggi un “selfie”, verrebbe fuori il volto della stanchezza, della rassegnazione, il volto della noia», ha esordito per l’appunto Renzi. Chiaro, però, il focus del discorso: occorre ritrovare l’anima Europea, il senso di un’appartenenza identitaria, il coraggio e l’orgoglio di sentirsi europei: «L’Italia sostiene che la grande sfida del semestre non sia solo elencare una serie appuntamenti, che pure ci saranno e spero con la partecipazione delle parlamentari e dei parlamentari, ma la grande sfida è ritrovare l’anima dell’Europa, il senso profondo del nostro stare insieme. Se dobbiamo unire burocrazie, a noi in Italia basta e avanza la nostra. C’è un’identità da ritrovare». Per poi aggiungere ironicamente: «Non ci sarà spazio per l’Europa se accetteremo di restare solo un puntino su Google map».

In particolare, Renzi sottolinea il contributo Italiano: «La cifra italiana del nostro semestre, la parola chiave, deve essere coraggio ed orgoglio perché è il tempo in cui coraggio e orgoglio sono richiesti all’Europa e all’Italia. L’Italia non viene qui a chiedere all’Europa i cambiamenti che non è in grado di fare, ma per dire che siamo i primi a sapere di dovere cambiare. Rappresento un Paese fondatore e che dà ogni anno un contributo importante alle istituzioni europee: diamo di più di quello che prendiamo, e ne siamo felici e orgogliosi. Ma rappresento anche il partito che ha preso più voti di tutti: e li abbiamo presi non dicendo che è colpa dell’Europa, ma che i nostri problemi nascono in Italia, che noi dobbiamo cambiare le istituzioni, la giustizia, la P.a.. Sappiamo che prima di tutto dobbiamo chiedere a noi la forza di cambiare se vogliamo». Da qui, l’auspicio che si passi da un’Europa del rigore a un’Europa della crescita e che il Patto di Stabilità venga interpretato con flessibilità: «Non vogliamo cambiare le regole, ma vogliamo anche la crescita, così come previsto dal patto fondativo firmato dai nostri padri. Senza crescita non c’è futuro. Non ci interessa giudicare il passato ma iniziare il futuro». Il premier sottolinea infatti la duplice natura del Patto che è, sì, di stabilità ma anche di crescita. Infine, la chiusura a effetto: «il nostro destino non è solo nella moneta che abbiamo in tasca».

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