Expo Milano: 11 arresti e l’ombra di cosa nostra

Al centro delle indagini la Dominus Scarl che aveva realizzato, attraverso la controllata Nolostand, i padiglioni di Francia, Kuwait, Guinea Equatoriale e lo stand dello sponsor Birra Poretti

L’ombra di cosa nostra si allunga sull’Expo di Milano: per ordine del gip Cristina Mannocci, la Guardia di finanza ha arrestato 11 persone. Di queste, sette sono finite in carcere, quattro ai domiciliari: i principali indiziati sono Giuseppe Nastasi, presidente del consorzio Dominus Scarl, il suo collaboratore Liborio Pace, il padre Calogero Nastasi. Le accuse a loro carico sono di associazione a delinquere, appropriazione indebita e riciclaggio con l’aggravante di aver agito per favorire cosa nostra nella «famiglia» mafiosa siciliana di Pietraperzia (Enna). Effettuato anche un sequestro preventivo di 5 milioni di euro.

LE INDAGINI. Al centro dell’inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Sara Ombra, c’è la Dominus Scarl: un consorzio di cooperative che ha ricevuto in subappalto la realizzazione di alcuni padiglioni dell’Expo di Milano. Tra questi figurano quelli dedicati a Francia, Kuwait, Guinea Equatoriale e lo stand dello sponsor Birra Poretti. In tutto si tratta di qualcosa come 20 milioni di euro di fatturato in tre anni. Di questi, però, 18 milioni sarebbero stati realizzati attraverso Nolostand spa che, attraverso un giro di fatture false, creava dei fondi neri. Il denaro, secondo la ricostruzione dei pm, veniva poi riciclati in Sicilia dove gli indagati avevano legami con la famiglia mafiosa dei Pietraperzia. Inoltre, stando alle indagini, le società del consorzio erano tutte intestate a prestanome.

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