Zorzettig: il vino? Una vocazione di famiglia

Generazione dopo generazione, da oltre cento anni Zorzettig è un vero punto di riferimento dell’enologia friulana, in Italia e nel mondo. Ne abbiamo parlato con Annalisa Zorzettig, alla guida dell’omonima cantina da dieci anni

Veronica e Annalisa ZorzettigAnnalisa Zorzettig con la figlia Veronica

La storia della famiglia Zorzettig nel vino è iniziata oltre un secolo fa, nel cuore dei Colli Orientali del Friuli. Oggi l’azienda vanta un vigneto di proprietà di 115 ettari con una produzione annua che sfiora le 900 mila bottiglie, con un valore dell’export pari a circa il 50%, grazie a una presenza storica in Austria e Germania e una penetrazione crescente in diversi mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, dall’Australia al Nord Europa. Alla sua guida, ormai da dieci anni, c’è Annalisa Zorzettig, che fonda il suo lavoro su alcune parole chiave: natura, autenticità, evoluzione, qualità. Senza mai dimenticare il legame con il territorio. «Credo che per chi, come noi, lavora la terra sia l’inscindibile retaggio di una sorta di imprinting», spiega. «Non è che non abbia mai immaginato di partire, anzi da ragazza subivo il fascino del cosiddetto “sogno americano”, ma l’amore per questa terra, ereditato da mia nonna e mio padre, è stato ed è ancora più forte».

È questo legame che vi ha spinto a puntare con decisione su vitigni autoctoni?
È da questo legame che derivano un po’ tutte le scelte, compresa questa. Non dico che non siano state fatte delle sperimentazioni. Nel periodo del boom economico, in questa terra di confine si sentiva forte l’influenza dell’Austria e delle sue varietà tipiche, tanto che persino mio padre, tenace sostenitore dei vitigni autoctoni, provò a piantarne alcune. Benché in alcuni casi abbiano dato vita anche a ottimi prodotti, nel tempo non ci hanno dato le stesse soddisfazioni. Del resto, non è un caso che la nostra vigna possa vantare piante secolari di friulano, malvasia o schioppettino, è una riprova che questo è il loro l’habitat ideale. Per fortuna con il tempo, anche grazie alla diffusione della cultura del vino, si è passati alla valorizzazione dei vitigni autoctoni. Un patrimonio davvero ricco e inestimabile della nostra Penisola.

Uno scorcio della barricaia di Zorzettig

Un patrimonio del cui valore siamo fortunatamente sempre più consapevoli, la cui tutela rimanda inevitabilmente al concetto di sostenibilità…
Parto dall’idea che se sulla Terra esistono tre tipi di esseri viventi – umani, animali e vegetali – in quanto tali vadano tutti rispettati allo stesso modo. Dal secondo dopoguerra sono stati prodotti e utilizzati concimi e diserbanti di ogni tipo, ma finalmente abbiamo capito che questo tipo di approccio può, forse, dare risultati a breve termine, ma sicuramente non nel lungo periodo. La nostra fortuna è che la natura crea da sola, il nostro compito è semplicemente quello di salvaguardare la sua opera.

Che tipo di iniziative avete intrapreso in questo senso?
Dal 2016 l’azienda ha aderito al protocollo SQNPI, abbandonando totalmente l’utilizzo del diserbo chimico. Un’altra importante azione intrapresa negli ultimi anni è l’installazione di “infrastrutture ecologiche” per la preservazione della biodiversità specifica. In queste aree individuate all’interno delle tenute, sono state piantumate delle specie autoctone di diverse varietà, sia di alberi da frutto che di essenze come la rosa canina, selezionate con attenti criteri di storicità della presenza della varietà nell’area, sia di coerenza con il progetto di ripopolazione. Le piante sono state fornite dal vivaio del Corpo Forestale di Tarcento grazie alla partnership con l’ERSA, l’agenzia regionale per lo sviluppo rurale in Friuli.

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E poi c’è la nuova cantina, che verrà inaugurata proprio quest’anno.
Si tratta di un progetto incentrato sul recupero della struttura già esistente, che guarda alla sostenibilità non solo in termini di risparmio energetico, ma anche di funzionalità degli spazi e, non meno importante, rispetto del territorio e delle tradizioni friulane. Per esempio, nel progettare il sistema di raccolta dell’acqua piovana, avrei voluto realizzare strutture differenti per i tetti, che qui hanno solitamente falde importanti. Immaginavo una struttura più leggera, anche esteticamente più bella, ma poi mi sono detta che c’era un motivo se si è arrivati a costruirli in un certo modo. In effetti, in caso di forti temporali, questo tipo di tetti distribuisce la caduta dell’acqua senza creare danni. Oppure, gli ingegneri volevano dotare la cantina di un complesso sistema di termometri e sensori per il controllo dell’umidità, della temperatura, della ventilazione. Ho insistito perché venisse costruita “come una volta”, affinché fosse in grado di autoregolarsi, grazie alla presenza di una doppia parete lungo tutto il perimetro che la protegga e la isoli. Peraltro, lo spazio tra i due muri si rivela anche un utile ripostiglio. Insomma, ho voluto mantenere e in qualche modo tramandare il sapere dei nostri antenati, meno votati all’estetica e più concreti. Sicuramente ci saranno state soluzioni ancora migliori, ma il risultato è una vera e propria casa del vino pensata per chi ci lavora e costruita con materiali semplici, il più possibile locali.

Come si arriva, da Spessa di Cividale, a esportare vino un po’ in tutto il mondo?
Quando ero bambina Zorzettig era un punto di riferimento nella fornitura di vino per le osterie friulane, poi piano piano ci siamo aperti ai Paesi vicini, a partire dall’Austria. Molto ci hanno aiutato anche i friulani emigrati all’estero. Il boom è poi arrivato negli anni 80- 90, quando il Collio e i Colli Orientali sono stati scoperti dal mercato statunitense per la loro produzione di vini bianchi di struttura. Piano piano ci siamo organizzati di conseguenza, puntando con forza dal 2008 sull’innalzamento della qualità a tutto tondo. Prima del Covid il mercato tricolore contava ancora per il 60-65% e, in fondo, avere successo in Italia mi gratifica, perché lo ritengo ancora il mercato più difficile. Devo dire, però, che gli importatori stranieri si sono fatti sempre più esperti e sono diventati dei veri professionisti. In ogni modo, che sia nella Penisola o altrove non importa, quello che conta per me è costruire rapporti longevi.

La linea di vini Myò di Zorzettig nasce da vigneti concepiti come riserve di biodiversità, al servizio dell’ecosistema

Quali sono i vini per voi più importanti?
È difficile scegliere, per me sono tutti come dei figli. Sicuramente stiamo assistendo a un ritorno del friulano. Un nostro cavallo di battaglia, ormai da anni, è poi la ribolla gialla, anche grazie alle sue molteplici possibilità di abbinamento. Inoltre, uno dei pochi vitigni internazionali che continuiamo a coltivare è il sauvignon, che qui ha trovato una sua identità nuova, più elegante. Ci sono anche dei rossi, come il pignolo, conosciuto ancora da pochi appassionati, e lo schippettino. E poi non posso non citare la tradizione del picolit, un passito “importante” Docg. Per finire ci tengo a parlare de I fiori di Leonie, novità della linea Myò Vigneti di Spessa, che prende il nome da mia nipote. Un blend di friulano, sauvignon e pinot bianco che simboleggia la mia volontà di non dimenticare il passato e di fare del mio meglio per portarlo nel futuro, anche per amore delle nuove generazioni.

Come molte imprese italiane, Zorzetti è un’azienda familiare. Come si gestisce con successo il passaggio generazionale?
Credo che sia fondamentale confrontarsi e ascoltare il parere di tutti, ma alla fine è decisivo che ci sia una figura di riferimento che ha l’ultima parola. In ogni caso non è per niente facile, anche perché i giovani hanno una formazione forse più approfondita e “raffinata” della nostra, ma mancano di un requisito fondamentale: l’esperienza. E l’esperienza sul campo fa davvero la differenza. In azienda è presente anche mia figlia Veronica, che è molto propositiva e come tutti i giovani porta idee nuove, per questo in azienda cerchiamo sempre di combinare le nostre due visioni.


Articolo pubblicato su Business People di marzo 2024. Scarica il numero o abbonati qui 

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