La mostra più originale di questa stagione arriva da una città di provincia. Ravenna, nota per la grazia e la grandiosità dei suoi mosaici, con ?War is over. Arte e conflitti tra mito e contemporaneità (fino al 13 gennaio) compie un piccolo miracolo: riflette sul centenario della conclusione della I Guerra mondiale strizzando l’occhio ai conflitti – geopolitici e interiori – di oggi. Accade tutto al Mar, il Museo d’arte della città, dove con la regia di Angela Tecce e Maurizio Tarantino si parte dall’antica lastra funeraria di Guidarello Guidarelli – opera, fresca di doveroso restauro, simbolo della collezione: la leggenda locale dice che baciarla regala amore eterno giacché il povero Guidarello, condottiero del ‘400, sacrificò la sua vita per proteggere l’amata – per raccontare «un altro punto di vista: il contrario della guerra non è la pace, ma il dialogo, il conflitto dominato, la dialettica», dicono i curatori.
E così, con un efficace allestimento che accosta colte citazioni letterarie e filosofiche alle installazioni multimediali dello Studio Azzurro, ci si ritrova immersi in una storia dell’arte declinata sui conflitti. Si procede per temi, non per ordine cronologico: si comincia con i vecchi e i nuovi miti legati alla guerra, per passare alle frontiere e ai territori di conflitto (fisici e psicologici) per approdare infine a «esercizi di libertà» in cui la creatività diventa l’antidoto al conflitto. Con un contrappunto testuale che spazia da Eraclito («Polemos, la guerra, è padre di tutte le cose») al pacifismo di Primo Levi, la mostra ha il suo apice nelle risposte artistiche del primo ‘900 alle guerre. Ci sono i magnifici Gladiatori di De Chirico contrapposti in modo originale all’Alabardiere seicentesco di Rubens, l’energia futurista di Marinetti e il dolore di Picasso e poi, ancora, l’indignazione di Renato Guttuso. La guerra è lacerazione: Lucio Fontana taglia le sue tele, Alberto Burri brucia i suoi “sacchi”. Il ‘900 riflette sui conflitti che lo attraversano: le foto dal fronte di Robert Capa sono accostate ai lavori di Alfredo Jaar. la Pop Art di Andy Warhol e di Robert Rauschenberg propone i nuovi miti del progresso, mentre il tedesco Anselm Kiefer e l’americano Andres Serrano sono più pessimisti a riguardo. Nell’ultima sezione si tira il fiato: Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Emilio Isgrò, Paolo Grassino e Gilbert & George usano l’arma dell’ironia contro ogni tipo di guerra. La bellezza dell’arte, forse, salverà il mondo.
© Riproduzione riservata