Connettiti con noi

Lifestyle

Il paradiso del golf è nei Caraibi

Nota per le spiagge bianchissime e il mare cristallino, Santo Domingo offre percorsi mozzafiato per gli appassionati del green. Che incantarono anche il celebre Pete Dye

La si può immaginare come la meta ideale per mollare tutto e ripartire da zero, o come la destinazione perfetta per la vacanza dei sogni con sole, mare, palme e spiagge bianchissime, ma è indubbio che per i golfisti sia ormai diventato uno dei luoghi preferiti dove trovare le condizioni migliori per giocare, soprattutto quando i nostri fairway soffrono l’inclemenza dell’inverno e le temperature tengono lontani dai green anche i più appassionati. È la Repubblica Dominicana, spesso identificata con la propria capitale Santo Domingo, terra capace di interpretare alla perfezione tutti e tre i ruoli citati. Se, infatti, spesso viene associata esclusivamente alle più classiche immagini caraibiche, in cui la sabbia bianca e il turchese di questi caldi mari riempiono i sogni e, per chi può, le giornate di splendide vacanze, in realtà questa è una terra che racchiude ben più di un motivo di interesse.

Il fascino dei Caraibi

ONDE, SABBIA, E… Siamo su un’isola – incastonata tra Porto Rico, Cuba e la Florida, con la parte settentrionale occupata dalla confinante Haiti – attraversata da varie catene la più importante delle quali, la Cordillera Central, si erge fino a più di 3 mila metri. Una morfologia multiforme, con alcune importanti zone pianeggianti, la presenza di più laghi e non pochi parchi nazionali, a conferma di una natura che da sola merita il viaggio e che favorisce condizioni di abitabilità differenti a seconda della zona, ma anche possibilità di vacanze altrettanto variegate, cambio di vita e… golf. Prestando, però, sempre la giusta attenzione al versante meteorologico.

Ci si trova, infatti, ai Caraibi e il clima non può che presentarne le più tipiche “attitudini”, con stagioni più secche alternate ad altre caratterizzate da piogge consistenti, prevalentemente tra il mese di maggio e ottobre/ novembre (quando si verificano anche i fenomeni più forti, come tempeste tropicali e uragani, concentrati nella parte centrale di questo periodo, a partire dal mese di agosto). In generale, la parte meridionale è quella più asciutta mentre a nord, grazie a piogge più intense, la natura è ancora più rigogliosa. Esclusa la fase centrale dell’anno, quando è opportuno tenere d’occhio i bollettini meteo, è giusto sottolineare che le temperature si mantengono sempre su livelli molto gradevoli, anche in presenza degli acquazzoni, al punto che sull’isola molti dicono che il momento giusto per venire a Santo Domingo è… tutto l’anno. In realtà, tra gennaio e aprile è probabilmente il periodo migliore per gustare appieno un clima sempre caldo, ma mitigato da gradevoli brezze in ogni ora della giornata.

TURISMO IN BUCA. Anche parlando di golf, Santo Domingo (o meglio, la Repubblica Dominicana) presenta un’offerta di grandissima qualità e con molte alternative, dal punto di vista tecnico e del contesto in cui i non pochi percorsi (una trentina) sono incastonati. I campi si trovano in diverse zone dell’isola con il fulcro della proposta golfistica nella parte sud, sud-est. In particolare, Casa de Campo (sud-est) e Punta Cana (est) sono mete riconosciute di elevatissimo livello, capaci di scalare le classifiche mondiali con alcuni dei loro campi a brillare come tra i più belli e interessanti per giocatori di tutti i livelli, che, oltre al golf, vogliano ammirare scenari che definire mozzafiato è, forse, riduttivo. I designer di alcuni di questi capolavori sono tra i più famosi e apprezzati nella storia del golf, da Pete Dye a Jack Nicklaus, da Tom Fazio a Robert Trent Jones, per citarne alcuni. Non a caso Pete Dye ebbe a dire, dopo aver realizzato Il Teeth of the Dog (uno dei più spettacolari), che «lui aveva creato 11 buche… e Dio aveva creato le altre sette», letteralmente ritagliate sulla costa e dentro al mare dei Caraibi, per sottolinearne l’incredibile bellezza.

LA CITTADELLA DELLO SPORT. Casa de Campo, su cui concentriamo la nostra selection, è un luogo a pochi chilometri dall’aeroporto La Romana, nella parte Sud-Est dell’isola, decisamente particolare, una sorta di cittadella (all’ingresso, dotato di sbarra e controlli, può anche essere chiesto il passaporto) dedicata al golf (tre percorsi e un totale di 63 buche) e non solo. Un’area in cui praticare ogni tipo di disciplina sportiva, ma anche trascorrere momenti assolutamente non comuni, per l’unicità dei paesaggi e, non di meno, per l’organizzazione curata che ispira la vita all’interno di tutto il comprensorio, tra il Mar dei Caraibi e il Rio Chavón, noto, oltre che per la sua bellezza, per essere una delle location dove fu girato Apocalipse Now, testimonianza del ruolo che la natura riveste in queste zone.

Tee e caddie

TEETH OF THE DOG. È indiscutibilmente uno dei percorsi più belli, tanto da posizionarsi, a seconda delle classifiche, al primo posto nei Caraibi e tra i primi a livello mondiale. Già il nome che lo identifica incute il giusto timore reverenziale e fa capire di trovarsi di fronte a qualcosa di speciale. È il Teeth of the Dog, letteralmente “I denti del cane”, un gioiello di fantasia e design golfistico. Di cui si coglie l’unicità a partire dalla storia, che ha portato Pete Dye (e la moglie Alice, che negli anni lo ha affiancato nell’opera di architettura di tanti fantastici percorsi nel mondo) a realizzarlo. Fu costruito, infatti, nell’arco di due anni (dal 1969 all’apertura nel ‘71), con la disponibilità di ben pochi macchinari, grazie al lavoro di circa 300 lavoratori locali che con martelli, mazze e picconi hanno saputo scolpire e fisicamente ritagliare la costa del mare caraibico.

Se le 11 buche che si snodano nell’entroterra impegnano tecnicamente il giocatore, magari facendogli perdere anche qualche colpo grazie alla sapiente combinazione di dogleg, ondulazioni del terreno, ostacoli d’acqua e bunker (alcuni molto profondi, di stile scozzese), la ricompensa, giungendo sulle buche prospicienti il mare, fa superare qualsiasi tristezza e delusione. È difficile descrivere la sensazione di bellezza ed entusiasmo che pervade chi per la prima volta si affaccia sulla buca cinque, tra l’azzurro turchese del mare e del cielo, la brezza che sempre accompagna i giocatori, il verde del green e le trasparenze delle onde che si infrangono a pochi passi da chi sta provando lo swing. Per non parlare delle successive tre buche, aggrappate alla costa come balconi affacciati su e dentro al mare, sulle quali, peraltro, se lo score rimane un obiettivo, è necessario dare fondo alle migliori capacità tecniche per superarne le difficoltà.

Non infrequenti sono, infatti, colpi di 150/190 metri a volare sopra il mare. Sulle seconde nove, dopo un passaggio interno, non privo di spunti interessanti come il bel par 5 della 14, lo scenario si ripropone a partire dalla 15. Tenendo in questo caso il mare sulla destra, la sequenza par 4, par 3, par 4 di lunghezza ragguardevole e con tee shot e secondi colpi tutt’altro che semplici, avvicina alla impegnativa 18 con i colori dei Caraibi ben impressi negli occhi.

I PAR 3 DEL TEETH SUL MARE

E QUELLI DEL DYE FORE

SONO ALCUNE DELLE BUCHE

DI CATEGORIA

PIU’ BELLE DEL MONDO

GLI ALTRI GIOIELLI DI PETE. Se il “Dente” (o “Dog” come anche viene chiamato) è certamente la firma di Casa de Campo, le sorprese positive arrivano anche dagli altri due prodotti del disegno di Pete Dye, il Dye Fore ed il Links. Dal punto di vista strettamente panoramico è difficile competere con il Teeth of the Dog (anche se i passaggi in prossimità del Chavón sono molto suggestivi), ma parlando di puro golf si tratta di due percorsi (27 buche il Dye Fore e 18 il Links) di eccellente livello e decisamente impegnativi. Il Dye Fore non dà respiro per i dislivelli che rendono non solo difficile valutare il giusto bastone, ma anche incerto l’esito dei migliori colpi. La ricompensa giunge dai molti punti sopraelevati che accompagnano i giocatori nelle diverse buche, da cui sarà possibile farsi sorprendere da viste incantevoli che abbracciano a 360° la zona, dalle montagne in lontananza al Rio Chavón. E attenzione al vento che, anche per le ondulazioni del terreno, è un fattore che incide in misura determinante sulle scelte di gioco, trasformando anche la più semplice delle buche (e non ce ne sono molte…) in una sfida.

E se, infine, si sentisse un po’ di nostalgia di casa (nel senso di percorsi tipicamente europei), il Links Course viene in aiuto. Con caratteristiche che il nome stesso evoca, con ostacoli d’acqua che entrano in gioco in più di una buca, questo percorso (collocato più all’interno, benché non manchino scorci anche sul mare), tra l‘altro oggetto di un recente restyling che ne ha enfatizzato il valore golfistico, propone un’ulteriore alternativa per gli occhi e di gioco. Tecnicamente in grado di soddisfare le aspettative di ogni tipo di giocatore, compone con il Teeth of the Dog ed il Dye Fore un’ offerta di livello assoluto.

Credits Images:

Golf e mare cristallino, solo ai Caraibi