Nel Paese dei cento amari

Ogni angolo della Penisola vanta la sua produzione locale e i digestivi artigianali stanno tornando a spopolare tra il pubblico

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Difficile non accorgersi della rinascita degli amari artigianali, una storia in cui il digestivo della nonna si trasforma, grazie all’entusiasmo di nipoti appassionati di cocktail e di marketing, in un prodotto che incontra nuovamente il favore del pubblico contemporaneo.

Una selezione dei migliori amari artigianali d’Italia

Questo revival abbraccia tutta la Penisola, anche se alcune località paiono particolarmente vivaci, anche per merito di una rete commerciale già molto attiva che garantisce una migliore diffusione tra i locali. Pensiamo al Piemonte con Bordiga e il suo St Hubertus con fiori e botaniche delle montagne cuneesi, dedicato al patrono dei cacciatori, oppure a Casa Toso dove è stato rilanciato l’Amaro Toccasana di Teodoro Negro. In Liguria, a Genova, s’incontra il Camatti, storico compagno di naviganti e marinai nato nel 1924, protagonista anche di cocktail molto sfiziosi.

In Sardegna, dove la tradizione liquoristica è storica (basti pensare al Mirto), troviamo invece Bomba Carta, l’amaro della famiglia Carta, nota per i suoi vini. La Toscana vanta distillerie di alto livello, come Nannoni e Deta, ma anche piccoli produttori artigianali che hanno scelto la strada di presentarsi attraverso le mani di abili barman. È il caso dell’amaro di Gabriele Santoni a Chianciano Terme, con le sue 34 erbe da una ricetta del 1961. Oppure l’amaro Etrusco di Iacobelli, distilleria di Capalbio, con una spiccata nota di arancia a richiamare il mediterraneo: oltre che degustato da solo, allungato con acqua tonica e una scorza di arancia può essere servito come aperitivo ed è una vera sorpresa.

A Firenze c’è un altro grande epicentro di novità amare, a partire da Assedio di Distilleria Urbana Italia. Per proseguire con la novità curiosa degli amari dedicati al Calcio Storico Fiorentino: gli ingredienti si alternano a seconda del “quartiere” e del colore ovvero gli Azzurri di Santa Croce, i Verdi di San Giovanni, i Bianchi di Santo Spirito e i Rossi di Santa Maria Novella. Nello storico Paszkowski di Piazza Repubblica è poi nato il Sinfonia, su ricetta del capo barman Antonino Sciortino, vincitore del concorso per “aspiranti distillatori” di The Spiritual Machine.

Una sorprendente culla di questa rinascita la troviamo anche in Calabria, che nel campo non è solo l’ormai onnipresente Amaro del Capo di Caffo e del sempre più affermato Amaro Jefferson della distilleria Quaglia, ma anche tante più piccole realtà che hanno saputo sfruttare le meraviglie aromatiche locali, come l’amaro Rupes, o Mzero, che lega la sua immagine al mare e le sue suggestioni, con un’etichetta in stoffa diversa per ogni bottiglia e la garanzia di un prodotto sostenibile.

Chiudiamo in Sicilia con Amara, nato come omaggio alle arance poi declinato in versioni particolari, come quella Bark dove è infuso insieme all’erbe dell’Etna o con la ginestra nella versione Agricolo. Ma l’estro italiano non poteva fermarsi alla penisola e si sta facendo notare il progetto di Benedetta Santinelli e Simone Rachetta prodotto dalla distilleria Paolucci di Sora, in provincia di Frosinone, ovvero Yuntaku, amaro ispirato all’ingredientistica giapponese.

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