Lavoro: italiani ambiziosi, ma la metà non pensa alla carriera

A rivelarlo sono i risultati del Randstad Workmonitor 2024 su ambizione e carriera tra gli italiani

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Più ambizione, ma la carriera non è più al primo posto. È quello che emerge da uno studio condotto da Randstad, multinazionale olandese attiva nella ricerca, selezione, formazione di Risorse umane e somministrazione di lavoro presente anche in Italia. I risultati del Randstad Workmonitor 2024 su ambizione e carriera tra gli italiani segnalano che i fattori più rilevanti ora sono l’equilibrio tra vita e lavoro, retribuzione, sicurezza, flessibilità, giorni di ferie, formazione e assicurazione sanitaria.

La carriera, invece, è finita solo al nono posto. La rilevanza percepita del lavoro nella vita degli italiani è calata del 5% in un solo anno, mentre è crollata del 9% la motivazione nel ruolo attualmente ricoperto. Si dà più importanza alla vita privata e all’equilibrio con il lavoro, all’appartenenza e alla flessibilità, piuttosto che al salto di carriera. Secondo la ricerca – che ha preso in esame 764 lavoratori in Italia tra i 18 e i 67 anni – oltre metà degli italiani si dichiara “ambizioso” nella propria carriera, ma ben il 42% in questo momento non è concentrato nell’avanzamento di ruolo.

Il 50% dei lavoratori è disposto a rimanere in un luogo di lavoro che gli piace anche se non ci fosse possibilità di avanzamento, mentre il 34% non desidera del tutto una progressione di carriera. Solo per il 35% una promozione o un nuovo ruolo rappresentano oggi una priorità. Tra i dati emersi, il 34% degli italiani non assumerebbe ruoli manageriali se potesse scegliere la propria massima ambizione professionale. Secondo il Randstad Workmonitor, il 51% del campione si dichiara però ambizioso per la propria carriera.

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Mentre l’ambizione decresce con l’avanzare dell’età, sottolinea lo studio, la motivazione aumenta man mano che sale la seniority. A influenzare l’ambizione è soprattutto l’età, gli eventi della vita, gli obiettivi personali e le opportunità che si presentano. Il 94% degli intervistati mette la vita privata al primo posto dei fattori più rilevanti nel lavoro, poi la retribuzione (93%), sicurezza del lavoro (90%), il sentirsi realizzati (87%), la flessibilità di orario (80%) e così via fino alla possibilità di promozione, al nono posto con il 74% e di poco sopra la politica sui congedi parentali (70%).

Il Workmonitor evidenzia una forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso”, è il commento di Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad. “Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone ma, oltre alla carriera, sempre più lavoratori includono anche altro nella definizione della propria ‘ambizione’ professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale. Non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma nelle loro corde, certamente un’eredità della riflessione profonda delle persone nel periodo di pandemia. Esigenze che le aziende devono impegnarsi a soddisfare con politiche Hr a tutto tondo, tenendo conto dei bisogni dei lavoratori sempre più complessi e articolati”.

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