Esodati da Intelligenza Artificiale

È indubbio che diffusione e perfezionamento dell’intelligenza artificiale finiranno per modificare quasi tutti i lavori. Ma quanto è fondato l’allarmismo dilagante sul fronte occupazionale? E fino a che punto è lecito paragonare il mercato Usa a quello italiano?

Intelligenza-Artificiale© iStockPhoto

Il primo grande sconfitto dall’ingresso dirompente di Chat-Gpt – ora già alla sua quarta versione – o di Midjourney e dei loro fratelli è il giornalismo: sconfitto non tanto perché vale il luogo comune secondo cui le tecnologie intelligenti gli stanno rubando il lavoro, ma perché non è curioso di capire, indagare, conoscere come stanno le cose prima di scriverne. La profusione di articoli, programmi televisivi, tg e approfondimenti sbandierati come il prodotto dell’intelligenza generativa dice tutto, come se stare sul trend fosse l’urgenza più grande.

Così come dice tutto la superficialità impressionante con cui siamo subito caduti nella rete – sempre lei, la rete, che col passare del tempo è diventata un abisso – divertendoci a usare Chat-Gpt come fosse un gioco. Intanto le regaliamo dati, bisogni, abitudini e forme di pensiero: è per questo che i marchi proprietari ci tentano all’inizio con versioni gratuite e alla portata di tutti, e chissà come si divertono a osservarci ingenui, per poi blindarcele magari a forza di aggiornamenti o per venderle a caro prezzo ad aziende o imprese una volta che le hanno testate grazie a noi su larga scala.

Open AI ci sta cambiando la vita e il lavoro, nel bene e nel male: dietro c’è la firma di Microsoft che, dopo l’affondo ventennale subito da Apple a suon di iPhone e Mac, evidentemente ha voluto non essere da meno. Intelligenza artificiale e intelligenza generativa non sono la stessa cosa – la seconda è un sottoinsieme della prima – e il guaio è che, quando importiamo da fuori, importiamo anche ignoranza. La sostanza è che è iniziata a grande velocità l’era che sta ridisegnando la capacità di creare contenuti, in pochi istanti, e di utilizzare quelli degli altri.

GroupM: Intelligenza Artificiale sempre più influente nel mercato adv

© iStockPhoto

C’è Intelligenza e Intelligenza Artificiale

Sentirsi ascoltati è il desiderio di tutti, figurarsi ricevere risposte. La questione cerniera, con l’AI, sta tutta qui: la qualità di cosa ci restituisce. Se il paragone è con le “tecnologie” con cui avevamo finora preso confidenza – i vari Alexa o Siri o il semplice Hey, Google, tanto per restare sulla quotidianità accessibile a tutti – le capacità dell’intelligenza generativa si sono fatte di colpo elaborate e sopraffine, dando l’impressione di capire perfettamente di cosa abbiamo bisogno. Ma se il discorso sale, e iniziamo a porci la domanda del secolo – ci toglierà il lavoro e chi sarà realmente a rischio? – la questione cambia: la dichiarazione di Sarah Myers, a.d. dell’AI Nove Institute, è stata ripresa da molti media e merita un richiamo. «Non dobbiamo aspettarci che sostituisca intere categorie di lavoratori, ma che porti alla sottovalutazione del ruolo umano nei processi lavorativi. Dove oggi si chiede di scrivere, si chiederà all’uomo di correggere quanto scritto dall’AI». Tradotto: non vi stiamo proprio togliendo il lavoro, lavoriamo al posto vostro e voi lo correggete. Fa quasi più paura.

Passiamo a qualche dato da oltreoceano, là dove tutto è nato e dove il fenomeno ha già avuto modo di farsi misurare e consentire previsioni. La stessa Open AI e l’Università della Pennsylvania hanno pubblicato uno studio che allerta sostanzialmente su due numeri: il fatto che un 19% dei mestieri ora attivi negli Stati Uniti rischia di essere modificato dall’intelligenza artificiale e generativa e il fatto che l’80% dei lavoratori dipendenti si vedrà modificare le proprie attività a causa di questi software. Anche Goldman Sachs ha voluto dire la sua, e lo ha fatto lo scorso marzo pubblicando uno studio dal titolo The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth. Molti media hanno ribattuto la notizia con il solito tono allarmistico con cui solitamente si parla di lavoro in Italia. Titoli come Due lavoratori su dieci a rischio o L’AI rimpiazzerà 300 milioni di lavoratori nei prossimi dieci anni non fanno bene a nessuno e non accelerano discussioni sensate.

Lo studio di Goldman Sachs sugli effetti dell’A.I.

La regola sacra del giornalismo è andare alla fonte e leggere senza intermediazioni frettolose. Venti pagine fitte di grafici e tabelle capaci di invitare a guardare oltre i dati. Scoprendo che lo studio ha un pensiero di fondo che scavalca le risposte facili date con gli elenchi dei mestieri predestinati all’estinzione, che pure non mancano. Certo che potranno essere trasformati i lavori in area legale e amministrativa, così come si immagina un calo del 10% tra ingegneri e architetti, del 4% per chi ha a che fare con operazioni aziendali e finanziarie o del 3% per i campi dell’arte, del design, dei media e dell’intrattenimento. Fidiamoci anche dei numeri sui lavori che non saranno potenzialmente stravolti ma senz’altro modificati: agricoltura, sanità, management, vendite, istruzione.

The Future of Work: substitute sometimes, complement often è il titolo del paragrafo centrale dello studio: un modo corretto e serio per decodificare il processo trasformativo in corso dentro il mercato del lavoro. In sintesi: a volte le macchine ci sostituiranno, ma spesso lavoreremo insieme.

Di tutto ciò che leggiamo e osserviamo mentre siamo alle prese con Chat-Gpt, la sensazione è che ci sfugga di mano il grande paradosso: da quasi 20 anni ci siamo un po’ alla volta disabituati a usare il nostro corpo, a riflettere e a mantenere saldo il muscolo della memoria, abbiamo delegato domande e risposte alla tecnologia, ci siamo anestetizzati all’evidenza che la nostra fisicità servisse sempre meno e che tramite funzioni surrogate le macchine, in varie forme, potessero svolgere azioni al posto nostro. Per scoprire adesso, dati alla mano, che a sopravvivere senza ombra di dubbio sul mercato del lavoro saranno nei prossimi anni solo i mestieri che di quel corpo, e della manualità, ne fanno l’ossatura: pulizia e manutenzione (salvi al 95%), installazioni e riparazioni (85%), costruzioni ed estrazioni (75%), produzioni manuali (72%), preparazione servizio di alimenti (50%). Da far cadere le braccia, verrebbe da dire amaro.

Osservare il continente americano serve. Siamo davvero sicuri, però, che ci servano le loro proiezioni per immaginare cosa accadrà a casa nostra dove è diversa la cultura del lavoro, diverso il mercato, diversa l’abitudine alla flessibilità – inesistente da noi – e diverso il debito demografico? Nel dubbio, i più pigri lo chiederanno e Chat-Gpt.

© Riproduzione riservata