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Gusto

Vini rossi per l’estate

Chi ha detto che nei mesi caldi si debba per forza bere bianco? L’Italia offre ottimi rossi adatti a essere serviti, e gustati, freschi

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Il caldo estivo potrebbe rendere meno allettante l’idea di sorseggiare un corposo calice di rosso, se non fosse che il nuovo modo d’intendere il vino che si sta diffondendo in Italia ha portato alla nascita, o sarebbe meglio dire, alla riscoperta di rossi adatti a essere serviti nella glacette e bevuti freschi. Si tratta di vini diffusi in tutta la Penisola, poco tannici e con retrogusto tendente al dolce, ottenuti vinificando in maniera leggera le uve tradizionali oppure rilanciando denominazioni da sempre adatte a questo consumo.

Partendo da una classica meta estiva, ossia la Sardegna, l’azienda Mora e Memo di Elisabetta Pala a Serdiana (Su) fa incontrare la ricchezza del bovale con la piacevolezza del monica in un vino sapido e dolce, mediterraneo e speziato dal nome curioso, Bo&Co. Sempre in Sardegna, la biodinamica a Olianas della famiglia Casadei fa nascere il Migiu da uve semidano 100%. Nel Nord-Est c’è grande fermento in Valpolicella, dove all’estremo opposto dell’Amarone troviamo i nuovi vini Valpantena di Bertani, il Lucchine di Tedeschi e quello di Secondo Marco, dai grandi e avvolgenti profumi fruttati. Sempre in zona veronese, si registra il successo anche fuori dall’Italia per il Bardolino con Monte del Frà e Cantina di Verona a usare la corvina per le sue note intense di visciola e bergamotto. A Treviso troviamo il malbec di origine francese (Bordeaux e Cahors) ma coltivato da 50 anni da Loredan Gasparin nella Doc Venegazzù.

Tra Trentino e Alto Adige c’è lo schiava, da sempre adatto a essere bevuto fresco – come dimostrano le bottiglie di Toblino, la “Puntay” di Erste + Neue e la Quintessenz Kalterersee di Cantina Kaltern – ma anche i pinot nero più delicati della regione, come quello di Cantina Andriano. Dall’altro lato delle Alpi ritroviamo il pinot nero in Val d’Aosta con Anselmet e a Barbaresco quello del Castello di Neive. Anche il nebbiolo è riuscito a sviluppare idoneità al consumo fresco, mitigando le sue componenti tanniche più arcigne: gli esempi del Botonero di Mamete Prevostini e i Langhe nebbiolo di Elvio Cogno, di Orlando Abrigo (Valmaggiore) e di Domenico Clerico sono lì a dimostrarlo.

Passando al Centro Italia, incontriamo Monte delle Vigne dai colli di Parma con il “Rosso” iconico da bonarda e barbera, e pure in Toscana si trovano ormai tanti vini adatti all’occasione tra la Maremma di Querciabella e il suo Mongrana, la rarità speziata del Vermentino Nero di Lvnae, la nuova versione del Rosso di Montalcino (come quella di Tenute Silvio Nardi) e il rosso biodinamico della Tenuta di Ghizzano, che sposa nobiltà dei vitigni francesi alla rustica eleganza delle Terre di Pisa. Qui vicino, nella magnifica Villa Saletta in corso di intenso restauro, nasce un vino come il Chianti Superiore capace di unire il carattere marino dei suoi terreni all’intensità di viola e arancio del sangiovese. Il progetto Landò dell’enologo della Villa, David Landini, sposa invece il canaiolo e la sua carnosa morbidezza vestita per l’occasione in maniera romantica e giocosa da Bobo con un’etichetta indimenticabile. Sempre in Toscana, arrivate fino a Capalbio (Gr), dove l’estro del collezionista Massimo Masini alla Vigna sul Mare fa nascere vini brillanti e ariosi come il Masolino. In Umbria segnaliamo le nuove versioni del Melograno di Roccafiore e la linea Pometo di Lungarotti.

Scendendo verso Sud, se in Puglia il rosso fresco è ormai una consuetudine con versioni apposite di primitivo e negroamaro (segnaliamo tra le ultimi uscite il susumaniello Rohesia di Cantele), la Campania ha belle realtà a base piedirosso e aglianico e alcune chicche come il Suadens di Nativ. Saltando in Sicilia e arrampicandosi sull’Etna, il vitigno nerello mascalese è pronto a regalarvi emozioni con il Mofete di Palmento Costanzo e con l’antesignano Passopisciaro di Andrea Franchetti, da poco scomparso.