Vigna vecchia fa buon vino

Invece di temere il passare del tempo, queste piante “antiche” regalano nettari in grado di sconvolgere le tradizionali percezioni gustative. Come dimostrano i campioni d’Italia che abbiamo selezionato

La ricchezza e la profondità di un vino dipendono da chi lo produce, ma anche da dove na­sce e dall’età delle vigne. L’Ita­lia ha un patrimonio enorme di vecchi vigneti che rivelano il vero gu­sto del territorio e andrebbero tutela­ti come monumenti. Questo perché dopo decenni le radici, arrivando in profondità, trovano disponibilità di ac­qua e nutrienti costanti, perfetti per il loro metabolismo, e offrono frutti dalla maturazione più regolare. Senza conta­re che nelle bucce delle uve riescono ad accumulare più sostanze aromati­che. Ecco, dunque, un itinerario per tutto lo Stivale alla ricerca dei vini che nascono da vigne anche centenarie, capaci di sconvolgere le classiche per­cezioni gustative. Sono vini sussurrati ma dal fascino unico, come quelli di J. Hofstätter, in particolare il suo Ludwig Barth Von Barthenau Vigna Roccolo Pi­not Nero, espressione di un cru dell’al­topiano di Mazon, in Alto Adige, frutto di un vigneto coltivato a pergola dal 1942 che dal 2012 viene vinificato separatamente. Il vino è sottile delicato con frutta di bosco, senape e pepe, lunghezza e gusto soffuso elegante, sapido, cangiante e affascinate come pochi altri Pinot Nero al mondo.

In Veneto troviamo un sorprendente Tai bianco vinificato da Ca’ di Rajo nella cantina di San Polo di Piave (Tv). Le uve vengono da un vigneto, coltivato con il metodo arcaico detto “Bellussera”, che usa una architettura di fili di ferro. Solo 3 mila le bottiglie della prima annata prodotta, la 2017, con note di pesca gialla matura e albicocca disidratata, leggeri sentori speziati di zafferano e minerali, per un vino che in bocca ha struttura e sapidità senza perder di vista la freschezza, che ne alimenta anche la notevole persistenza. In Piemonte, nella zona del Moscato, la scuola di Ca’ d’Gal e il suo Vecchia Vigna hanno dimostrato nei fatti come Il Moscato d’Asti Docg non abbia paura di invecchiare. Sulla sua scia altri si sono aggiunti come Mongioia e il loro “Metodo Antico”: ricco, vellutato e denso. Scendendo verso il Centro, troviamo le viti ultratrentennali di Roccafiore che, con il Fiorfiore, ha un campione di grechetto ricco e sfaccettato, con rimandi sapidi, affumicati e un grip in bocca quasi tannico. Nel Chianti Classico non sono poche le vecchie vigne, nonostante ci siano stati molti reimpianti nei primi anni 2000. Un esempio luminoso è il ToccaStelle Chianti Classico di Dievole a Castelnuovo Berardegna, da un vigneto di 40 anni fa su un suolo ideale per dare profumi intensi di ciliegie e more e l’inconfondibile floreale di viola e lavanda, che ne preannuncia il sorso fresco, sapido e persistente. Infine, sull’Etna c’è abbondanza di vecchie vigne ad alberello, ossatura di vini importanti dalla levigata struttura tannica e dall’eleganza superba, come Alberelli di Giodo di Carlo Ferrini, vino dell’anno per Daniele Cernilli. Il profondo e complesso Guardiola di Franchetti nasce sempre sull’Etna a Passo-Pisciaro, da una selezione di uve tra gli 800 e i 1000 m di quota. Ma in Sicilia pure il Nero d’Avola ha le sue bellissime vecchie vigne, come dimostra Feudo Montoni con il Vrucara.

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