Gusti inaspettati: intervista a Luigi Coppola, chef di Casa Coloni

Gusti inaspettati: intervista a Luigi Coppola, chef di Casa Coloni

La Tenuta Duca Marigliano è un albergo unico: una dimora ottocentesca trasformata in raffinato luogo d’accoglienza. Nella casa colonica adiacente, sotto il pergolato di canne di Casa Coloni, è possibile incontrare lo chef Luigi Coppola, sedersi a tavola e scoprire, durante un pranzo indimenticabile, tutta la storia enogastronomica del Cilento. Un’esperienza che si colloca oggi tra le nuove mete gourmet più appetitose d’Italia.

Come si racconta il Cilento in linea con i tempi?
La mia cucina non si limita a preservare la tradizione: la prende, la smonta e la ricompone in qualcosa di nuovo. Il Cilento ha una storia gastronomica straordinaria, ma non voglio raccontarla in modo nostalgico. Voglio spingerla oltre, sperimentare, trovare nuovi linguaggi per esprimere quei sapori in una chiave contemporanea e personale. Il rispetto per la materia prima e per la memoria del gusto è sempre la base, ma quello che arriva nel piatto è spesso inaspettato.

Come nasce una rivisitazione di un piatto tradizionale?
Il punto di partenza è l’essenza si un piatto, non la sua forma. Il fritto di calamaro, per esempio, è un’icona, ma non mi interessa riproporlo in chiave tradizionale. Voglio catturare l’emozione di quel piatto – il contrasto tra croccantezza e morbidezza, il profumo di mare – e trasformarla in qualcosa di completamente nuovo. È un gioco di suggestioni più che di fedeltà alla ricetta originale.

Uno scatto della cantina e del giardino
del locale

È il caso della sua “Pizza roce”?
Quello è un dolce tradizionale legato ai matrimoni cilentani, ma nel mio ristorante non la propongo in modo classico. Mi interessa l’anima del dolce, il significato che ha avuto nel tempo, ma voglio trasportarlo in una dimensione diversa. Nella mia versione cambiano le consistenze, le temperature, l’equilibrio dei sapori. Il risultato è qualcosa che conserva la memoria di quel dolce, ma che sorprende chi lo assaggia.

Quale è il valore del tempo nei suoi piatti?
Il tempo è un ingrediente potente, perché trasforma. Un impasto che riposa, una fermentazione che evolve, una cottura che concentra gli aromi: tutto cambia e prende nuove forme. Nella mia cucina il tempo è un mezzo per stravolgere la materia prima e portarla verso qualcosa di più complesso. Il mio obiettivo è creare sapori profondi, che abbiano una storia da raccontare, ma con una voce diversa da quella che ci aspettiamo.

Essere a Paestum come influenza la sua cucina?
Essere qui significa convivere con una storia millenaria, ma non voglio che la mia cucina sia solo una celebrazione del passato. Uso ingredienti che affondano le radici nella storia, ma li tratto con tecniche e idee che appartengono al presente e, magari, al futuro.

Qual è il punto d’incontro tra la cucina cilentana e quella giapponese?
La cucina giapponese ha un rigore e un’attenzione alla fermentazione che mi affascinano. Ho trovato molte connessioni con la nostra tradizione, ma quello che mi interessa non è la semplice fusione: è la creazione di qualcosa di nuovo. Il miso di fagioli di Controne, ad esempio, nasce da questa ricerca. Non è un’imitazione del miso giapponese né un’esaltazione del fagiolo cilentano in sé: è una trasformazione che genera un gusto completamente diverso, un’identità autonoma. Dedico molto tempo alla ricerca perché è lì che nascono le idee più audaci.

Uno dei piatti proposti dallo chef Luigi Coppola

Quanto è importante la presenza dell’orto?
Avere un orto significa poter controllare ogni dettaglio della materia prima, ma soprattutto significa non avere limiti nella sperimentazione. Posso coltivare ingredienti che non troverei altrove, raccoglierli in momenti diversi della maturazione, testarli in modi inusuali. Non uso i prodotti dell’orto per fare una cucina naturale o semplice, ma per creare piatti in cui ogni elemento è spinto al massimo del suo potenziale.

Come si racconta Paestum nel bicchiere?
La mia cucina ha bisogno di vini che la accompagnino senza coprirla. Per questo scelgo bianchi capaci di sostenere l’equilibrio dei piatti senza sovrastarlo. Ma non mi fermo al vino. A Casa Coloni esploriamo anche altre possibilità, come i kombucha fatti in casa, che aggiungono una dimensione aromatica inaspettata. A chi sceglie percorsi alcohol-free proponiamo bevande fermentate che valorizzino gli ingredienti locali e creino esperienze gustative nuove e stimolanti.

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