Autem Milano: da Luca Natalini una cucina tra arte ed emozione

Creatività al servizio degli ingredienti e dei clienti: la filosofia dello chef del locale milanese. Perché il compito di un ristorante non è mettere in mostra tecniche e virtuosismi, ma regalare un’emozione ai propri avventori

Autem Milano: da Luca Natalini una cucina tra arte ed emozione© Lido Vannucchi

Ripercorriamo vita, carriera e ispirazione – presente e futura – di Luca Natalini, il cuoco che vede sempre “oltre”. Dalla natìa Pescia al mondo: Parigi, Vienna, Praga, la Russia e, infine, il ritorno in Italia. Un percorso illuminato dalle esperienze televisive di Top Chef e La Prova del Cuoco, dalla formazione al Pont de Ferr e dalla consacrazione come grande chef a Langhirano fino ad Autem a Milano.

Quale è il vero significato del nome del locale, Autem?
In latino significa “ancora” o “e inoltre”, suggerendo qualcosa che ancora non è stato detto. Nome che va abbinato al nostro simbolo, un cerchio perfetto che però rimane aperto: siamo sempre lì a guardare fuori, non ci si chiude dentro, le novità dall’orto o dal mondo sono sempre là, pronte per essere colte. Lo stesso vogliamo per i nostri clienti. La cucina di mercato dipende da quanto troviamo e ci impedisce di far prevalere la nostra creatività sulla materia prima, che invece ci stimola sempre ad andare “oltre” appunto, così come riusciamo spesso a portare i nostri clienti oltre le loro aspettative.

A 14 anni si è trasferito a Parigi per inseguire il sogno della cucina francese. Quanto coraggio ci è voluto per fare questo passo e come questa esperienza l’ha formata?
Ho sempre avuto fame di scoperta, quella che ti fa avere obiettivi solidi ben fissati nella mente. Ho scoperto il vero concetto di carte blanche grazie a un menù in continua evoluzione che oggi è al centro di Autem e l’ho ideato proprio girando oltralpe. Mi piace essere sempre messo in discussione, “carta bianca” vuol dire questo, compreso l’essere messo da parte rispetto ai piatti! Certo, nelle mie ricette voglio portare la mia idea, ma l’aspetto portante deve essere soprattutto la freschezza e la bontà dell’ingrediente che poi è quanto è alla base della cuisine de marché francese resa famosa da Bocuse. Non dico che sia superiore a quella “creativa”, ma di sicuro tra creatività e ingrediente scelgo il secondo!

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Il Raviolo alla Toscana, che racchiude al suo interno un fegatino

Nel suo locale la cucina è completamente aperta sulla sala, senza barriere. Quanto è importante per lei la trasparenza e il contatto diretto con i clienti?
L’entrata nel mio locale dà direttamente sul pass delle vivande, in pratica si entra quasi in cucina, come quando si va a cena a casa di un amico. Così il cliente entra in medias res e capisce che, come un amico, stiamo compiendo un gesto d’amore e di accoglienza. In cucina e in sala non ci sono gerarchie, c’è un insieme di persone che amano il proprio mestiere e lo tramutano nella soddisfazione per i nostri ospiti. La pressione creativa c’è, però allo stesso tempo dico al mio team: facciamo meno ma facciamolo bene. Il compito di un ristorante non è mostrare esercizi tecnici, noi cerchiamo il sorriso e la felicità dei nostri clienti.

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Il suo ristorante declina il fine dining a mo’ di osteria. Crede che il futuro della ristorazione di alto livello stia nell’abbattimento di certe formalità per creare un’esperienza più autentica?
Non voglio etichettare il mio locale, voglio “semplicemente” un’osteria accogliente, il che significa anche tovaglie stirate e morbide, saponi diversi in bagno abbinati a crema per le mani e profumi, stoviglie e piatti solidi e ricercati, calici soffiati a bocca, gusto nell’arredamento e nei dettagli che coltivi il senso del bello. Il “ristoro” non viene solo dal cibo. Del resto quando inviti a casa gli amici in genere tiriamo fuori il “servizio buono”, no?

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Un particolare della sala del ristorante Autem di Milano

Quanto è importante l’aspetto emozionale e psicologico dell’esperienza gastronomica nel suo approccio?
Le persone escono per godersi il momento, per dimenticare la routine giornaliera, noi siamo lì per trasmettere emozioni e ci piace farlo rendendo eccezionali piatti che in genere sono “comuni” e forse troppo banalizzati, non fosse altro per far riscoprire al cliente la loro straordinarietà.

La componente del vino in Autem è ancora in fieri, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
Il vino è un elemento importante e presto avremo una proposta di abbinamento che non sarà schematica e fissa, ma seguirà anch’essa l’idea del farsi guidare dal gusto. Anche nel reparto bevarage ci sarà l’“autem”, ovvero apriremo uno speakeasy dove gli ospiti potranno accomodarsi prima e dopo cena per altri tipi di esperienze di gusto.

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