Stipendi: soddisfatto solo il 40% degli italiani

Il tema del work-life balance è centrale: chi ha sperimentato un migliore equilibrio è anche molto più soddisfatto. Tuttavia, solo il 14,6% dei lavoratori sarebbe disposto ad una riduzione indefinita dello stipendio in cambio di un maggiore bilanciamento

Per il settimo anno consecutivo, l’Osservatorio JobPricing (per la seconda volta in collaborazione con InfoJobs) ha indagato sul il livello di soddisfazione degli italiani nei confronti del loro pacchetto retributivo e, rispetto al 2021, i giudizi dei lavoratori sono tornati a peggiorare. Il protrarsi della pandemia ha presumibilmente normalizzato la situazione di crisi e, in concomitanza con l’inizio della ripresa economica, i lavoratori hanno probabilmente smesso di sentirsi più fortunati solo per il fatto di “avere uno stipendio”. In questo contesto l’indice di soddisfazione medio è sceso da 4,4 a 4,1 (-7,5%), aggravandosi nelle categorie che percepiscono retribuzioni più basse come gli operai o chi lavora nel Centro o Sud e Isole.

I lavoratori che esprimono un giudizio positivo sono solo il 40%, in calo rispetto al 46% del 2021. Al contrario, il 30% dei rispondenti dichiara che si sarebbe aspettato un trattamento economico migliore vista la ripresa di quest’anno. Il totale degli insoddisfatti passa dal 34% al 60% nel 2022 e il 18% di questi dichiara che, visto il periodo, va bene anche se quest’anno non hanno guadagnato di più. Provando a catturare un “effetto pandemia” sulla soddisfazione complessiva, ovvero chiedendo ai rispondenti di tenere conto della situazione di crisi, le cose migliorano lievemente, ma restano sotto la soglia della sufficienza. In questo caso il livello di soddisfazione è risultato pari a 4,6, di poco superiore al 4,1 relativo alla soddisfazione generale ma minore del -9,8% rispetto allo stesso indicatore del 2021.

Da segnalare che secondo la ricerca (effettuata su oltre 2000 lavoratori dipendenti) le lavoratrici sono generalmente più insoddisfatte degli uomini in tutte le dimensioni osservate. La soddisfazione generale è di 4,3 per gli uomini contro 3,6 per le donne, ovvero il 16% in meno. Particolarmente di rilievo è la differenza sull’indice di meritocrazia, in cui per le donne si arriva ad un punteggio di soddisfazione di 2,7, ovvero il 27% in meno rispetto agli uomini. Le donne risultano anche l’11% meno fiduciose degli uomini riguardo a un miglioramento della propria retribuzione per l’anno in corso.

Malgrado una profonda insoddisfazione generata dalle retribuzioni, i lavoratori sono mediamente fiduciosi in termini di un miglioramento generale sul lavoro nel nuovo anno. Al contrario, le aspettative sull’evoluzione della retribuzione si mostrano estremamente negative.

Non è solo questione di stipendio

I voti espressi dai lavoratori sono fortemente influenzati dalla presenza o meno di altri elementi oltre alla retribuzione fissa: il livello di soddisfazione generale diventa positivo quando il pacchetto retributivo non è composto dalla sola retribuzione fissa, mentre cade a picco se è presente solo questa componente. Questo a conferma dei giudizi positivi espressi dai soli dirigenti e quadri che sono i principali detentori di altri elementi oltre alla retribuzione fissa. I punteggi seguono in media questi andamenti per tutti gli indici analizzati:

  • Equità (indice: 4.3, trend 2021-22: -7,1%);

  • Competitività (indice: 4,8, trend 2021-22: -3,8%);

  • Performance e retribuzione (indice: 3,7, trend 2021-22: -8,6);

  • Trasparenza (indice: 4,6, trend 2021-22: -6,4%);

  • Fiducia e comprensione (indice: 3,7, trend 2021-22: -9,6%);

  • Meritocrazia (indice: 3,4, trend 2021-22: -12,1%).

È evidente che la dimensione che registra maggiore insoddisfazione è la meritocrazia, con un punteggio di 3,4 e oltre il 40% dei lavoratori fortemente insoddisfatti. A tal proposito si osserva come esista una connessione tra la percezione di meritocrazia e la piena comprensione dei criteri adottati per la politica retributiva: quando le politiche retributive non sono ben comunicate, fra i dipendenti si genera sconforto e insoddisfazione. Troviamo un’altra forte correlazione tra il giudizio di soddisfazione generale e le dimensioni di equità e performance. Questo evidenzia che può esserci soddisfazione solo laddove le aziende attribuiscano il giusto valore alle prestazioni individuali e ai ruoli ricoperti in azienda. Essere retribuiti in rapporto al contributo fornito all’organizzazione, al valore del lavoro (posizione) e al valore della persona (prestazione) rappresentano alcuni degli elementi chiave per il benessere dei lavoratori. Il tema del work-life balance è centrale nei livelli di soddisfazione: chi ha sperimentato un migliore equilibrio è anche molto più soddisfatto. Tuttavia, solo il 14,6 per cento dei lavoratori sarebbe disposto ad una riduzione indefinita dello stipendio in cambio di un maggiore bilanciamento. Il sentimento generale appare essere quello di una necessità concreta che, purtroppo, a causa di livelli di salario troppo bassi, non può essere soddisfatta.

Scelta del posto di lavoro: i fattori determinanti

Oggi, come negli anni precedenti, la retribuzione fissa è fattore decisivo per la scelta di un posto di lavoro (se non altro perché è l’unico elemento conosciuto all’inizio di una nuova esperienza lavorativa). Tuttavia, le relazioni interpersonali positive con capi, colleghi e collaboratori si collocano quest’anno al primo posto. Il peso degli elementi cosiddetti intangibili (di natura non-monetaria) non solo è superiore a quello degli elementi tangibili, ma è quello maggiormente cresciuto anche nel tempo. Il contenuto del lavoro, il training e la formazione e la flessibilità degli orari diventano leve strategiche nella scelta del proprio lavoro. L’importanza della flessibilità del lavoro, in particolare, è cresciuta nelle opinioni dei lavoratori più delle altre leve strategiche nell’ultimo anno (da 7,6 all’attuale 8,4).

Anche la scelta di cambiare lavoro è pressoché guidata da fattori monetari: due lavoratori su tre oggi cambierebbero lavoro per un miglioramento dello stipendio fisso. La possibilità di formazione, buone prospettive di carriera e un buon work life balance sono gli altri principali elementi per cui le persone cambierebbero posto di lavoro, ancor più oggi rispetto al passato. I fattori intangibili, quali le relazioni con i capi e colleghi, la flessibilità oraria e l’ambiente di lavoro, sono i punti essenziali per cui si decide di restare nel proprio posto di lavoro. La qualità della vita sul posto di lavoro è quindi ritenuta più importante, e di molto, in questa scelta.

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