Carriera o famiglia? Per le donne il telelavoro non è una soluzione

Durante il lockdown oltre una professionista su due ha avuto carichi di più pesanti rispetto alle giornate in ufficio

Lavorare da casa non basta. In Italia quasi una professionista su due (47,8%) adottava lo smart working prima del lockdown, dato che aumentava (61,9%) tra le intervistate con figli. Ma non è questa la misura che sostiene davvero la carriera professionale di una donna e che soprattutto le evita di dover scegliere tra lavoro e figli. A dirlo sono state le partecipanti alla ricerca di Wyser, società internazionale di Gi Group, che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, condotta in occasione dell’anniversario del Soffitto di Cristallo.

Secondo l’84,1% delle professioniste è infatti la flessibilità oraria la chiave e queste settimane di lockdown lo hanno dimostrato. Lavorando da casa, oltre una professionista su due (59,1%) ha avuto la sensazione di aver avuto carichi di più pesanti rispetto alle giornate in ufficio. Il dato cresce di 7 punti, arrivando ai due terzi del campione, se si considerano le lavoratrici con figli.

Casa e lavoro in un unico ambiente: alla ricerca di un equilibrio

Il 59,1% delle intervistate è riuscita a tenere separate la sfera privata e quella lavorativa, ma farlo non è stato affatto semplice. Fondamentale è stato adattare un ambiente domestico a ufficio, separandosi dagli altri componenti della famiglia (40,9%) e condividere con il/la partner le faccende e le commissioni (29,5%). Hanno invece incontrato maggiori difficoltà le intervistate che non hanno avuto la possibilità di avere degli spazi dedicati al lavoro (13,6%) e quelle che psicologicamente non riuscivano a staccare dall’attività lavorativa (15,9%).

Lavorare da casa per un periodo prolungato ha fatto anche emergere i vantaggi e i plus dell’attività sul posto di lavoro. Una partecipante alla survey di Wyser su due (50%) ha sentito la mancanza del confronto tra colleghi, il momento di brainstorming dal quale spesso nascono le idee più brillanti, ma a mancare rispetto a una normale routine lavorativa sono stati anche la possibilità di tenere separate la sfera lavorativa e quella privata (36,4%) e le occasioni di networking e di incontro con i clienti (29,5%). Per circa una su quattro (18,2%) le attività a cui suole dedicarsi durante il tragitto casa-lavoro, come la lettura o l’ascolto di un podcast.

Paure e speranze per il futuro

La ricerca evidenzia però anche una fiducia verso il futuro. Come per molte piccole e medie imprese il lockdown è servito a spingere sull’acceleratore della digitalizzazione, così allo stesso modo anche le professioniste e le lavoratrici nutrono la speranza che questo periodo di telelavoro sia servito per sensibilizzare il mondo del lavoro e per spingerlo ad abbracciare reali misure di supporto. Secondo il 43,2% delle intervistate, questo periodo potrà avere risvolti positivi in tal senso a livello nazionale, mentre per il 36,4% a livello della singola azienda. Si dice meno speranzosa solo una su quattro (20,5%).

Al contempo però questa emergenza sanitaria rischia di cancellare diritti e opportunità per la popolazione femminile, come riporta anche il Rapporto Onu di questi giorni. A ciò si aggiunge il famoso e non ancora abbattuto Soffitto di Cristallo che le intervistate da Wyser associano principalmente all’assenza delle donne nelle posizioni decisionali (27,3%), a stereotipi e pregiudizi che ancora oggi popolano i luoghi lavoro (25%), a una scarsa meritocrazia (20,5%) e al gender pay gap (13,6%).

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